di Claudio Molinelli – Prosegue la stagione del Teatro Garibaldi di Figline Valdarno con la rappresentazione di Don Giovanni, tratto da Moliere, diretto e interpretato da Alessandro Preziosi e prodotto da Khora Teatro e Teatro Stabile d’Abruzzo.

La figura di Don Giovanni, introdotta da Tirso de Molina nel 1630, è una delle più rappresentate nella storia del teatro; la riduzione più famosa è probabilmente quella di Moliere andata in scena per la prima volta nel 1665. Alessandro Preziosi, già affermato interprete di fiction televisive, si è dedicato negli ultimi anni a dirigere e recitare sulla scena personaggi del repertorio classico, da Amleto di Shakespeare a Cyrano di Bergerac di Rostand fino a questo Don Giovanni, il prototipo del seduttore.

La trama ricalca fedelmente il copione originale: Don Giovanni Tenorio, di nobile famiglia, conduce vita dissoluta spinto da una visione dell’amore come imperioso terreno di conquista; il suo fedele servitore, Sganarello, pur consapevole della natura amorale del padrone, da lui definito “forsennato e eretico”, lo segue in tutte le sue avventure; Don Giovanni ha strappato alla vita di convento una donna, Elvira, e dopo averla sposata l’abbandona, suscitando l’ira dei fratelli di lei. Tra una conquista e l’altra, uccide in duello il “Commendatore”, la cui statua di pietra ricompare più volte divenendo un personaggio effettivo e parlante. Ateo e miscredente Don Giovanni cerca di indurre un povero mendicante a bestemmiare, promettendogli dei soldi, ma il poveraccio, fervido credente, rifiuta. Sono poi inutili le rimostranze del padre, amareggiato e contrariato dalla condotta del figlio, né maggior effetto ottiene l’accorata richiesta della moglie Elvira, che implora la conversione del marito. Don Giovanni, falso e ingannatore si abbandona anzi ad un incondizionato elogio dell’ipocrisia; anche gli estremi tentativi del servo e di un fantasma di fargli cambiare condotta falliscono. Sarà la statua del “Commendatore”, il “convitato di pietra”, a stringere Don Giovanni in un abbraccio fatale, bruciandolo vivo.

Personaggio affascinante e ripugnante insieme, Don Giovanni non è solo il prototipo del libertino senza morale, ma soprattutto l’emblema della radicale opposizione ai valori più profondi e alle convenzioni più radicate del vivere sociale. Titanico nel suo individualismo e coerente nel disgregare abitudini e comportamenti del buon vivere, egli riesce nei suoi intenti al cospetto degli altri uomini; ma nulla può di fronte alla potenza del sovrannaturale.

L’allestimento si avvale di un apparato scenico inconsueto che utilizza fondali scorrevoli che sembrano sovrapporsi, ottenendo effetti quasi psichedelici. Il ricorso a brani di musica classica sottolinea il lato tragico della vicenda che prevale sui toni della commedia. Il finale vira poi su una atmosfera cupa, quasi gotica, con echi da tragedia shakesperiana e faustiana. Tra gli interpreti dei ruoli minori si segnala Lucrezia Guidone, una dolente donna Elvira. L’importante ruolo di Sganarello, il servitore di Don Giovanni, è affidato a Nando Paone, un tempo caratterista comico nei film di Bud Spencer, e oggi molto più che spalla del protagonista; in una parte di un concreto rappresentante della saggezza e del buon senso popolare, Paone si disimpegna egregiamente con una recitazione asciutta, degno controcanto di quella del personaggio principale, nei cui panni Alessandro Preziosi si cala con una prova convincente, fatta di toni insinuanti e melliflui, disegnando luci e ombre di un personaggio dal fascino sinistro, risultando particolarmente efficace nel monologo “nelle vesti”del padre.