di Nadia Fondelli – Foto di Edoardo Abruzzese

Bando alle ciance buoniste, l’unica cosa che mancava a Pitti Bimbo, ma non è una novità, è il bimbo.
Stare comodi, magari con una bella felpa sdrucita e pantaloni pseudo ginnici con ai piedi scarpacce a prova di graffio è sempre stato non solo il sogno, ma anche il guardaroba di generazioni di bambini.

Dalle scuole primarie in giù le maestre è consuetudine che si raccomandino alle mamme con frasi del tipo “cara signora non si lamenti se suo figlio si sporca di penna biro o pennarellO, perché è un bambino e siamo a scuola”.
Un modo garbato per sottintendere anche “cara signora se veste suo figlio come un damerino ad una cerimonia di provincia degli anni del boom economico, cosa mi rimprovera?”

Allora care aziende del kidswear perché ostinarsi ad affidarsi solo al genio creativo dello stilista e non pagare allo stesso un bel corso accelerato di infanzia?
Perché gli stilisti nel loro genio creativo non usano il memoril per ricordarsi quanto amavano correre e saltare nelle pozzanghere fuori scuola o scarabocchiarsi il vestitino troppo serio?

Ciò che emerge a Pitti Bimbo è una voglia di sorprendere che non sorprende, tanta omologazione e l’intento di essere ecofriendly a tutti i costi.

La voglia di sorprendere che pare obbligatoria quando si tratta di bambini non deve essere
forzata a bolle di sapone sparate in aria e coriandoli multicolor.
L’essere ecofriendly pare la scoperta dell’acqua calda in quanto sfido chiunque a voler vestire i nostri cuccioli con materiali tossici o bene che vada allergizzanti.

E allora è altrove che si devono trovare le parvenze di novità…

Basterebbe davvero poco per capire che così come il ragionier Rossi non va in metropolitana col panciotto zebrato e i calzini di due colori diversi è altrettanto vero che suo figlio non va a scuola con il pantaloncino bianco con la riga nel mezzo, la camicia inamidata e la scarpa lucida.

Il bambino così come tutti abbiamo fatto tanti anni fa (compresi gli stilisti) amano sporcarsi e rotolarsi, amano i colori sgargianti, i disegni che ricordano le loro fantasie e i loro sogni.
E allora chiediamo a loro, cerchiamo di capire gli sbadigli e le bizze dei piccoli modelli che sfilano annoiati con abiti che non li rappresentano.
Cerchiamo solo di tornare bambini anche noi per capire…perché anche se Pitti Bimbo viene solo qualche giorno dopo Pitti Uomo il tempo di cambiare gli abiti esposti c’è!

 

Pitti Bimbo gennaio 2016 - Servizio di Edoardo Abruzzese