di Claudio Molinelli –Foto di Edoardo Abruzzese – Una tiepida giornata di sole ha accompagnato la visita di Papa Francesco a Prato e Firenze, in occasione del convegno ecclesiale nazionale. Come succede ovunque si rechi il Papa suscita un’ondata di simpatia e coinvolgimento che investe tutti coloro che lo vedono e lo sentono parlare, a dimostrazione che la gente sa riconoscere le persone carismatiche e di grande forza morale, soprattutto in un’epoca avara di personalità come queste.

Alcune frasi pronunciate da Papa Francesco, per la loro profondità e importanza, meritano una piccola riflessione. Per esempio quando ha accennato a come vorrebbe la Chiesa italiana: “…inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti”. Una chiesa, cioè, capace di allontanarsi dalla gloria e dal potere e che scenda al livello della gente e che si “sporchi le mani per essere uscita per le strade” e non per altro. E in grado quindi di penetrare nel cuore della società e dei suoi conflitti, come con il riconoscimento recente dei diritti religiosi ai divorziati, o il forte appello contro lo sfruttamento del lavoro e l’illegalità, con il ricordo della tragedia dei cinesi morti nel capannone di Prato. “La sacralità di ogni persona richiede rispetto, accoglienza, e lavoro degno”, è un’altra affermazione emblematica della sacralità dell’individuo, in contrasto con la cultura dell’indifferenza e dello scarto. Ma è nel richiamo all’imperfezione che si manifesta appieno il messaggio del Papa, nella piena affermazione del valore cristiano della carità: l’imperfezione è segno distintivo dell’uomo, la debolezza umana va accettata, la nostra società dovrebbe basarsi sull’inclusione e smettere d’inseguire un benessere opulento quanto vuoto, figlio dell’edonismo imperante della nostra epoca. C’è un profondo richiamo morale nello stare dalla parte degli imperfetti in una società che ossessivamente predica il raggiungimento del successo e coltiva il predominio dell’immagine.

Se non assume i sentimenti di Gesù, la Chiesa si disorienta, perde il senso” è un’altra architrave del pensiero di Papa Bergoglio: nella chiesa vicina alla gente c’è tutto il senso del messaggio francescano che il Pontefice ha assunto sin dal momento che ha scelto il suo nome. Questo Papa è l’esempio concreto e vivente di una reale evangelizzazione, la semplicità e la forza del suo messaggio trae linfa dal suo quotidiano esempio di vita, sulla sua azione fatta di umiltà e carità, lontana dalla vanità, tesa ad affermare il valore dell’affetto contro gli egoismi. Ricordiamo che non molto tempo fa, egli aveva già enunciato concetti realmente rivoluzionari e antitetici al pensiero dominante: non altrimenti si deve intendere il richiamo alla “accettazione della decrescita”, laddove da anni economisti e politici affermano come un mantra intoccabile il valore della “crescita”.

E infine, ma non ultimo, un altro merito va ascritto al papa argentino: con lui si afferma sempre più l’opera di umanizzazione della figura papale, già iniziata da Giovanni Paolo II, con la rivelazione pubblica della sua malattia, indimenticabile il grido muto dalla finestra di piazza San Pietro; proseguita poi da Benedetto XVI con le clamorose dimissioni per motivi di salute e anzianità. Ora Francesco, quanto mai lontano dai cerimoniali appare in tutto un uomo normale, semplice, tra gli altri uomini; anche e soprattutto per questo arriva al cuore della gente di tutto il mondo.

Dida foto: Edoardo Abruzzese, Firenze 10 novembre 2015, visita del Papa a Firenze

Edoardo Abruzzese, Firenze, Piazza Duomo, 10 novembre 2015, il Papa A firenze incontra gli "imperfetti"