– di Giuseppe Ponterio – foto di Edoardo Abruzzese –

Era il 29 novembre 1864 quando, a dispetto dei vari trattati di pace firmati dai capi tribù nativo-americani con il governo statunitense, il colonnello John Chivington e i suoi uomini attaccarono, nei pressi del fiume Sand Creek, un accampamento abitato prevalentemente da donne e bambini. Accortosi dell’avvicinamento dei soldati, il vecchio capo Pentola Nera, ordinò alla sua gente di radunarsi sotto la bandiera degli Stati Uniti, donata in occasione del trattato di Fort Wise. Eppure, quel gesto di fratellanza non servì a frenare il massacro. Tristemente eloquenti sono le descrizioni riportate, dopo l’accaduto, da testimoni oculari. “Vidi una bambina che, nascosta in un banco di sabbia, fu scoperta da due soldati e sedata con colpi d’arma da fuoco”, ricordò Robert Bent.
L’anno successivo ai fatti, fu istituita una commissione d’inchiesta del Congresso degli USA per indagare sull’evento.
Sebbene il giudizio della commissione fosse stato molto severo nei confronti di Chivington, egli non fu mai sottoposto ad un provvedimento punitivo.
“Ora i bambini dormono sul fondo del Sand Creek”, come recita un passo della celebre canzone di Fabrizio de André.
Cambiano i mezzi di distruzione e di morte ma l’indifferenza e l’impunità procurano ancora oggi, tanto dolore.
Da quando la Russia ha iniziato l’invasione dell’Ucraina, secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite, sono ad oggi 144 i bambini che dormono sotto le macerie delle loro case.