– servizio a cura di Giuseppe Ponterio –
Grazie… costa poco, quasi niente.. e come tutto ciò che non costa, in termini di denaro e/o di energie perde valore: è un rischio costante che spazza via frammenti preziosi di vita!
E’ passato anche questo ferragosto 2021, i Talebani hanno riconquistato l’Afghanistan e forse tutte le scuole riapriranno in presenza.
E il diritto all’oblio regna sovrano!
Così rischiamo ogni momento di non accorgerci che qualcosa, qualcuno è venuto a mancare… e niente sarà più come prima!
Ho scelto le parole di Saverio Tommasi per cercare di dare un contributo personale e professionale alla memoria di chi credo la debba conservare for ever!
“Gino Strada aveva la barba come Babbo Natale, come Gesù Cristo e come uno che ha cose più importanti da fare che passare dal barbiere per darsi una sistemata ai capelli. Così lui li faceva crescere e a un certo punto li tagliava, non c’erano vie di mezzo e non credo si pettinasse spesso.
Aveva altro a cui pensare, questo Babbo Natale che però era anche di carne; e la sfiga d’essere reali è che puoi farti male e a un certo punto anche morire. È quello che è successo oggi a Gino Strada.
Una roba da non crederci, e infatti non ci si crede.
Gino Strada era cazzuto, coraggioso, forte, vulnerabile, l’avete presente quando diceva “Se l’Uomo non butterà fuori dalla Storia la guerra, sarà la guerra che butterà fuori dalla Storia l’Uomo”.
Mica ci godeva nel dirlo, era ferito. Per anni siamo usciti da casa con borse e zaini e uno straccetto bianco annodato sopra, ve lo ricordate? Era un simbolo che si era inventato lui per permetterci di manifestare ogni giorno contro la guerra. Ed erano tanti quegli straccetti in giro per le strade, su sacche e bisacce, in quegli anni. Gino Strada me lo ricordo in collegamento Skype a una festa di Emergency, un collegamento buio, sfocato, da un ospedale dall’altra parte dei mondi. In collegamento con una telecamerina torta, aveva mezza testa fuori dall’inquadratura e indossava una di quelle fruit che non si capiva se la voleva tenere dentro i pantaloni o fuori, o a metà, gli stava sbrindellona e sulla soglia, come lui accoglieva le persone, che poi la vera traduzione di “frontiera” sarebbe proprio “soglia”, ma con i governi che ci ritroviamo ce lo siamo dimenticati, e questa non è un’altra storia. Dobbiamo dire grazie a Gino Strada perché ha fondato un’organizzazione che dal ’94 a oggi ha curato oltre 11 milioni di persone, gratis.
Grazie perché sorrideva ma non tanto spesso, sorrideva quando gli andava, non come certuni che quando gli metti la telecamera sembra che gli accendi un bottone.
Grazie a Gino Strada per avercelo insegnato chiaramente: “La guerra è uno strumento ma non funziona, semplicemente non funziona”.
Grazie a Gino Strada perché è sempre stato rivoluzionario, dall’università a stamani.
Grazie a Gino Strada per il linguaggio diretto, franco, senza giri: grazie per aver chiamato disumani certi rappresentanti in Parlamento e coglioni certi altri. E grazie per aver riservato ai fascisti il giusto mix fra imbecilli e banda. Grazie perché anche ieri hai ricordato la situazione dell’Afghanistan: 20 anni di guerra e i talebani sono più forti di prima, e oggi siamo a 241.000 vittime.
L’Italia ha speso 8 miliardi e mezzo per quella guerra, e gli Stati Uniti oltre duemila miliardi di dollari. Le industrie di armi ringraziano: sono solo loro a trarre un bilancio positivo da questa guerra. Se quel fiume di denaro fosse andato all’Afghanistan, adesso il Paese sarebbe una grande Svizzera.
L’hai detto tu. Grazie a Gino Strada e a Teresa Sarti perché ci hanno dato una figlia come Cecilia, che in questo momento è sulla nave ResQ, in mezzo al mare a salvare vite, proprio come le hanno insegnato i suoi genitori: salvare persone. Finisco con una citazione, sono parole di Gino Strada, me le sono scritte su un biglietto perché le cose è meglio ricordarle precise. “Se uno di noi, uno qualsiasi di noi esseri umani, sta in questo momento soffrendo come un cane, è malato o ha fame, è cosa che ci riguarda tutti. Ci deve riguardare tutti, perché ignorare la sofferenza di un uomo è sempre un atto di violenza, e tra i più vigliacchi”. Ciao Gino, ci vediamo”.