– di Patrizio Milizia –
Il silenzio obbligato della stampa indipendente.

La crisi migratoria, al confine tra Polonia e Bielorussia sarebbe sotto gli occhi di tutti, ma purtroppo molti sono gli sguardi volti dall’altra parte.
Fra gli altri c’è un assente suo malgrado. La stampa internazionale indipendente.
Lo scorso 30 settembre, il governo polacco ha protratto per due mesi lo stato d’emergenza nelle zone frontaliere: ciò significa che fino a tre kilometri dal confine esiste una striscia di terra che giornalisti, parlamentari e Ong non possono valicare.
Media indipendenti come Onet, OKO.press e Gazeta Wyborcza hanno ricordato che “stando alla convenzione europea sui diritti dell’uomo, siglata anche dalla Polonia, tutti hanno il diritto di ricevere e dare informazioni senza interferenze delle autorità”.
Eppure la realtà è molto diversa.
Martedì 16 novembre scorso, fa sapere la Press Club Polska, un’associazione polacca della stampa, l’esercito polacco ha aggredito tre fotogiornalisti nei pressi del villaggio di Michalowo, al di fuori della “no entry zone”.
C’è anche chi sfida le limitazioni imposte per raccontare da vicino ciò che accade. E’ il caso di due giornalisti di RT France, una filiale di Russia Today, che sono stati arrestati a Usnarz Gorny.
Il black-out informativo determina il passaggio di notizie frammentarie e parziali che non aiutano dcertamente l’opinione pubblica internazionale ad avere una visione oggettiva a 360°.
Chi c’è, allora, dietro alle immagini e ai video che stanno circolando? A imporre la narrazione sono quasi esclusivamente i media di propaganda bielorussi. Questi, secondo Stanislaw Zaryn portavoce del Ministro Coordinatore dei Servizi speciali di Varsavia, riprendono soprattutto donne e bambini nell’intento di esercitare una pressione psicologica sul governo Morawiecki.
Un ricatto nei confronti della Polonia e della Comunità Europea…
Intanto aumenta la platea di quelli che rimangono a guardare!