– a cura della redazione di OrientePress –

Vi sarete sicuramente accorti come la nostra testata si sia da sempre occupata di ping pong, o meglio di tennistavolo, tralasciando di seguire altri sport più spocchiosi, o semplicemente più seguiti dai media. Si è trattato di una scelta precisa, come tutte le altre del nostro palinsesto, dettata dalla volontà di confrontarsi, sempre e comunque, con sè e gli altri,  con l’obiettivo di crescere, imparare, migliorare, accettare l’esistenza, saper gestire i rovesci della sorte e i lati oscuri dell’animo.

Cos’è quella cosa che è rotonda e fa: bap, bop, bippity, bonk, bip, bing, bang, bonkity, bim, bam, boop, boop, bangity, bong, bing, bam, bap? Una pallina da ping-pong in un tornado”. (Johnny Hart)

Partiamo da una riflessione: tutti gli sport permettono di riprodurre gesti, riti, relazioni, in modo semplice e più o meno mascherato, che appartengono all’infanzia.

Uno su tutti: la palla! Una palla che viene e che va, che si tira e che ritorna, che ricompare, quando viene buttata via, grazie a qualcuno che la raccoglie e la rimette in gioco. Poi, quando il bambino cresce, il divertimento a poco a poco diventa sfida, nel lanciarla lontano, sempre più lontano, con tiri sempre meno maldestri ma più controllati, mirati verso qualcosa o qualcuno!

Non stiamo qui a raccontare l’origine del tennistavolo, che è molto lontana!

Il ping pong, o tennistavolo, come preferite, è uno sport sottovalutato, sebbene sia giocato da milioni di persone nel mondo, e in Cina sia sport nazionale. Sottovalutato perché considerato sport minore.

Ma è ora di ridare al tennistavolo, considerato non gesto agonistico ma pratica e disciplina, lo spazio che merita, come afferma Guido Mina di Sospiro nel suoIl tennistavolo come introduzione alla filosofia perenne, portando il ping pong al livello del tiro con l’arco, cioè al livello di discipline che vanno al di là del semplice gesto sportivo, ma che possono diventare, se praticate con consapevolezza, un percorso di crescita interiore.

Facciamo qualche considerazione: un aspetto che fa riflettere sul ping pong, dimostrando che è uno sport particolare, è l’età degli atleti: ci sono in questo sport anche cinquantenni a ottimi livelli agonistici, in nessun altro sport è così. Segno che esperienza e intelligenza, sono elementi portanti, non solo le doti atletiche.

Un’altra caratteristica che fa del ping pong una disciplina profonda è l’umiltà. Guido Mina scopre che anche giocatori di qualità non sono mai superbi o presuntuosi, come avviene per gli sportivi degli sport “importanti”, perché il tennistavolo è sport duro, che richiede tanto allenamento prima di riuscire, ma si conserva sempre l’umiltà di partenza. Bell’insegnamento sportivo davvero!

Nel suo libro Guido Mina spiega anche che vincere nel tennistavolo non è importante. Perché prima viene lo stile, la bellezza del colpo, la “forma”. E se la forma è perfetta, allora il colpo diventa vincente e si fa punto. Ma è secondario.

Quindi il ping-pong è per tutti, ma va praticato con perseveranza, passo dopo passo, gesto dopo gesto, è nella ripetitività maniacale dei colpi che si raggiunge la “forma” perfetta.

E se praticato con costanza diviene meditazione pura, vivendo l’attimo del colpo sulla pallina, similmente al camminare, che vive nell’attimo del passo dopo passo: permette di rivivere, con personaggi e scenari diversi, i tentativi di controllo motorio, di relazione con l’altro, di auto affermazione , che hanno caratterizzato la propria crescita, ma porta anche a ripetere le difficoltà incontrate per diventare adulti, quelle che condizionano il raggiungimento dell’obiettivo che ognuno di noi ha nella vita: la vittoria.
Altro che passatempo estivo da spiaggia o da parrocchia…!!!

INFO

Guido Mina di Sospiro, Il tennistavolo come introduzione alla filosofia perenne (traduzione di Alessandro Peroni con la collaborazione dell’autore), Ponte alle Grazie, 2016

Marcella Marcone, Racchette e abitudini, Libreria dello Sport, 2017