di Claudio MolinelliFoto di Edoardo Abruzzese –

ce la facciamo prestare dai nostri figli . ( Antoine De Saint-Exupery)

Stiamo andando verso l’autodistruzione del pianeta, fischiettando allegramente. Questa è la considerazione semiseria che mi viene da fare dopo aver letto la relazione finale di Andrea Masullo, direttore scientifico di Greenaccord, al XII Forum internazionale dell’informazione per la salvaguardia della natura “Clima, ultima chiamata”, svoltosi recentemente a Rieti.

In attesa di COP21, la conferenza mondiale sul clima di Parigi del 30 novembre prossimo, che comunque ha luogo malgrado lo stato di allerta creato dai terribili attentati del 13 novembre scorso nella capitale francese, la relazione di Masullo presenta un quadro a dir poco allarmante sul problema dei cambiamenti climatici indotti dai comportamenti umani, e contiene vari spunti di riflessione.

I cambiamenti climatici non sono un semplice incidente di percorso nel cammino trionfale del capitalismo consumista…

Un’ economia fondata sull’accumulo competitivo di ricchezza, non ha nella sua logica la distribuzione e la condivisione del benessere; anzi, più si avvicina ai limiti fisici del pianeta e più ha bisogno di produrre povertà da una parte per continuare a produrre ricchezza dall’altra.

Abbiamo sentito che le imprese energetiche non sono affatto disponibili a rinunciare ai lauti profitti derivanti dai combustibili fossili pur sapendo di preparare in tal modo un futuro di disastri ecologici,umani ed economici …

Di fronte a un sistema siffatto che nell’ultimo secolo ha portato…ad un grande miglioramento della qualità materiale della vita… al punto da apparire come l’unica via possibile di emancipazione dalla miseria anche per i Paesi più poveri, come convincere questi ultimi che le cose non stanno così e che per loro non c’è nessuna possibilità di raggiungere i più ricchi su questa stessa strada?

Jairam Ramesh ci ha detto chiaramente che non si può chiedere agli indiani di non fare quello che i Paesi ricchi hanno fatto per cento anni nè che per colmare il gap di benessere accumulato in decenni di ritardo devono seguire nuove strade, pur riconoscendo che i cambiamenti climatici avranno sulla popolazione indiana effetti particolarmente drammatici. Egli ha detto che 300 milioni di indiani vivono in aree costiere che saranno sommerse e la vita di 500 milioni dipende dall’acqua dei ghiacciai dell’Himalaia che stanno scomparendo.

Come convincerli che non dovranno usare il carbone che hanno in abbondanza e che non potranno spostarsi tutti in automobile come fanno i più ricchi perché oltre al petrolio si esaurirebbero presto anche i materiali necessari a moltiplicare per 5 o per 6 il numero di automobili circolanti nel mondo?

Come spiegare ai più ricchi che la crescita perenne ed illimitata dei consumi, ossessivamente perseguita dalle classi politiche e dagli economisti è fisicamente impossibile ed ormai produce più esternalità negative che benessere?

Come convincerli che in un mondo devastato dai cambiamenti climatici, con una popolazione sempre più numerosa che pretenderà di aver il proprio spazio di sopravvivenza e il diritto a godere dello stesso regime di consumi le migrazioni non riguarderanno più centinaia di migliaia, ma centinaia di milioni di disperati?

Schellnhuber ci ha detto che se è vero che la civiltà si è sviluppata grazie agli ultimi 11.000 anni di

stabilità climatica, ciò che sta accadendo al clima rischia di segnare la fine della civiltà entro 200-300 anni.

Kundzewicz ci ha detto che se oggi 1 miliardo di persone non ha accesso ad acque potabili sicure nel 2025 ciò sarà la realtà di 2,5 miliardi di persone…

 

La scienza si accorge di aver perso di vista il benessere umano e di aver bisogno di un’etica, religiosa o laica che sia, per costruire un nuovo umanesimo fatto non solo di cose e consumi ma anche di valori non materiali. Una finanza etica,… che si occupi cioè non solo della produzione e dell’accumulo di quel capitale finanziario per cui è nata, ma anche del capitale umano e del capitale naturale: questa ci è stata indicata come una via dì uscita. Gli scienziati lo sanno, gli economisti meno, la finanza ancor meno.

Qui è il ruolo chiave di voi giornalisti: farlo sapere alla gente.

Allora parte da noi tutti, giornalisti, scienziati, cittadini ed amministratori della città di Rieti, un

appello perché anche i politici ne tengano conto alla COP21 di Parigi assumendosi le loro

responsabilità…A Parigi si decide il futuro dell’umanità”.

 

Preso atto di tutto questo, eccomi qui!

L’aspetto più allarmante che emerge da questa relazione è, a mio parere, che il modello di crescita economica indiscriminata del mondo progredito “occidentale” non solo ha ormai prodotto un danno evidente all’ambiente, ma ponendosi come modello di sviluppo per il resto del mondo, rischia di aumentare questi effetti negativi in maniera esponenziale. Il concetto di sviluppo sostenibile riecheggia ormai da anni, scontrandosi però col decollo delle economie dei Paesi emergenti, la Cina, ormai un gigante anche nel produrre danni ambientali, l’India, il Brasile e altre aree fortemente popolate. D’altra parte nella nostra parte di mondo, l’occidente, si cerca di compiere dei passi indietro per rimediare ai danni compiuti per decine di anni, nel nome di quella “crescita” predicata ossessivamente da governi, politici ed economisti. Anche Papa Francesco, nella sua recente enciclica, vero manifesto di un pensiero fortemente ecologista, ha preso le distanze da questa crescita indiscriminata sostenendo,finalmente, le ragioni di una decrescita ormai non più differibile.

Se è vero che ciascun cittadino, sensibilizzato a dovere, può dare il suo contributo nell’adottare stili di vita più rispettosi dell’ambiente e più attenti nella produzione di rifiuti, è anche vero che un passo decisivo nella salvaguardia dell’ambiente non può essere compiuto senza il contributo di dirigenti d’industria consapevoli e meno attaccati al profitto a tutti i costi, anche se questo sembra più un pio desiderio che una reale possibilità. Né, infine dovrebbe mancare alla causa un’azione incisiva di classi politiche coraggiose, meno colluse con gli interessi delle famigerate multinazionali, meno attaccate al PIL e più vicine ai bisogni dei cittadini e al rispetto del territorio.

Abbiamo un solo pianeta su cui abitare, è l’ora che tutti lo difendano per consegnarlo ancora vivibile ai nostri figli e ai nostri nipoti.

 

Dida foto:

Edoardo Abruzzese – Krafla (Islanda) – centrale geotermica, luglio 2015

Edoardo Abruzzese, Krafla (Islanda) -Centrale geotermica