a cura della redazione di OrientePress

E’ viva una lingua che ha memoria. Solo così sopravvivono, pur nella variazione di epoche e civiltà, anche l’identità e la presenza di un popolo”. Lo ha affermato il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, citando il Machiavelli dei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, nel suo saluto agli Stati generali della Lingua italiana in Palazzo Vecchio, davanti al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

In questa stagione in cui a dominare la comunicazione è la velocità, non dimentichiamo la nostra storia, fatta di un lessico ricco di sfumature in cui ogni parola ha un peso, uno spessore, talvolta anche un sapore ed un odore.

L’Enciclopedia Treccani, l’unica rimasta nel mondo, è stata recentemente partner del Festival delle Generazioni, un excursus a 360 gradi sulla “parola”.

Le parole hanno un valore. Sono un ponte tra le generazioni, segni di riconoscimento, custodi di valori universali: usiamole bene saremo cittadini migliori… in ogni tempo!

Eliminare una lingua, soprattutto in una scuola, significa distruggere la memoria di tutti i valori, intellettuali, sociali e, perchè no, politici che porta con sè!

E non è un caso che oggi ci capita di leggere troppo spesso frasi del tipo “ qui si fanno borse anche con la pelle dei clienti” o “xche tvb cque”!!!

Detto questo forse può far bene rileggere la Treccani alla parola “cultura”

L’insieme delle cognizioni intellettuali che una persona ha acquisito attraverso lo studio e l’esperienza, rielaborandole peraltro con un personale e profondo ripensamento così da convertire le nozioni da semplice erudizione in elemento costitutivo della sua personalità morale, della sua spiritualità e del suo gusto estetico, e, in breve, nella consapevolezza di sé e del proprio mondo”.