di Gin Vulmen –
Riflessioni scolastiche di un ottantenne.
A memoria d’uomo non credo che si possa ricordare alcuna guerra che la Storia abbia poi definita “giusta”.
“Non ci sono mai state una buona guerra o una cattiva pace “.(Benjamin Franklin)
Gli storici, i politologi, volendo approfondire le argomentazioni che hanno portato all’inizio delle ostilità, sanno descrivere in modo esauriente le giustificazioni che hanno condotto ai conflitti cercando di indorare quelle dei vincitori ed offuscare quelle dei perdenti. Peraltro un conterraneo della mia Regione, qualche tempo fa, molto tempo fa in verità, aveva enunciato un principio, di volta in volta tirato in campo da tutti coloro che avevano ‘giocato’ sporco: “Il fine giustifica i mezzi”.
Che una stragrande maggioranza dei popoli sia attratta dalla guerra ce lo insegna sempre la Storia; le giustificazioni sono volta per volta diverse, economiche, politiche, di fede, di spazi vitali, di sopraffazione, e si potrebbe continuare a lungo.
Peraltro fin dagli albori del racconto storico si comprende come questo, ed in seguito tutta la Storia, abbia avuto origine per raccontare ai posteri, in prosa o in poesia, avvenimenti e conflitti tra i diversi popoli.
Quando poi i conflitti siano stati in numero minore rispetto al passato, come accaduto negli ultimi 50 anni, alcuni popoli, approfittando della crescente tecnologia, sono ricorsi alla finzione dei videogiochi di guerra, o allo paintball, o esercizi similari. In alcune parti del mondo ove l’uso delle armi è largamente permesso, non sono mancati episodi drammatici di guerra personale, spesso in contesti universitari.
La penisola a forma di stivale si può dire che abbia inventato la Storia, almeno quella che i non più giovani come lo scrivente, hanno studiato a scuola: moltissimi storici di talento fin dall’antichità ci hanno tramandato i conflitti susseguitisi negli ultimi 2500 anni, a partire fra le iniziali etnie confinanti, poi con la supremazia per quasi un secolo di un popolo dominatore, seguita, dopo il dissolvimento dell’impero romano, dalle guerre dei barbari dell’est e del nordeuropa e poi di quelle fra i vari staterelli, fino alla nuova unità e la faticosa rincorsa ad un nuovo impero e le due ultime guerre mondiali.
Non si possono certo tralasciare gli eccidi in questo breve excursus. Per gli storici antichi la guerra era guerra e gli eccidi di intere popolazioni rientravano nello stesso concetto di guerra: quando un popolo vinceva quello sconfitto non esisteva più e in linea di massima se ne perdevano le tracce. E questo è valso nell’antichità fino alla caduta dell’impero romano, anno più, anno meno. Con l’avvento di nuove armi e, soprattutto della polvere da sparo, qualcosa è cambiato. Le guerre si combattevano tra eserciti contrapposti, ma era permesso ancora il saccheggio e l’autorizzazione ad uccidere chi si fosse opposto: eccidi ce ne sono stati in gran numero, ma poco enfatizzati dagli storici che hanno avuto quasi sempre la tendenza a glorificare i vincitori.
Con l’evoluzione degli armamenti e la caduta in declino del saccheggio dei perdenti si era sperato che potessero venire a cessare anche gli eccidi, ma così non è stato, specialmente dopo il rifiorire di milizie mercenarie.
Rimane il fatto che per gli storici è sempre difficile riuscire a dimostrare a posteriori gli autori degli eccidi e le cause che vi hanno condotto, in mancanza di prove certe e di obiettivi specifici.
Senza dimenticare mai che nuove forme di armi possano essere state utilizzate senza la consapevolezza degli esiti del loro utilizzo: così i gas nervini, la bomba ad idrogeno, il napalm, i raggi laser…
Nell’ultimo scorcio del secolo scorso ci si è sempre più opposti a riconoscere la veridicità del machiavellico assunto “il fine giustifica i mezzi”. Ma è proprio così? A volte sembra proprio di no.
Ed oggi un nuovo conflitto nella periferia del levante dell’Europa tra una super potenza, atomica, e la romanica Sarmatia abitata da un popolo sempre discretamente abile nell’arte della guerra.
E per noi un nuovo dilemma: partecipare, personalmente lo escluderei, o rimanere alla finestra? Escluderei per principio la dichiarazione di guerra e la discesa in campo, non escluderei a prescindere l’invio di armamenti, abbiamo molte industrie addette, ed eventualmente generi alimentari e tecnologia, sempreché non sia obsoleta e superata.
Gli storici avranno il tempo per spiegare i motivi, cogniti ed incogniti, di questo nuovo conflitto, per i diplomatici, e da noi non mancano, è adesso il momento di mettersi in mostra.
Intanto il conflitto continua senza tregua!
Per concludere mi permetto una annotazione, con riguardo al nostro primato nazionale: un paragone tra gli Italici e i Sarmati. Noi siamo stati i primi a mettere al governo del nostro Paese un comico che sapeva ben intrattenere, promettendo anche un milione di posti di lavoro; per fortuna abbiamo evitato una guerra, con bombe e missili, anche se purtroppo non siamo potuti sfuggire ad una crisi economica profonda.
I Sarmati, probabilmente, non hanno avuto il tempo di imitare noi Italici e, ahimè, si ritrovano a subire una guerra in piena regola ed un numero immane di vittime.
Il giudizio definitivo andrà ancora una volta agli storici e sarà oggetto di studio: LA STORIA delle prossime generazioni!
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