di Jacopo Zucchini – Passare dalla cultura orientale più remota a quella arabeggiante di Granada da una stanza all’altra, tra scritte in greco, in sanscrito ed altre in latino, tra messaggi di testimonianza di vita, simboli massonici e anche ‘frecciate’ anticlericali. Tutto questo si raccoglie in una sola realtà: il Castello di Sammezzano a Leccio di Reggello, non distante dal noto centro commerciale The Mall, in stato di abbandono da ormai venti anni.

 

Domenica 10 marzo, nel 200esimo anniversario della nascita del marchese Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona, sono state  riaperte di nuovo le sue porte ad oltre 250 persone che si erano prenotate sul web per visitarlo.
In molti però si sono presentati anche senza essersi preventivamente registrati, superando un tratto di oltre mezz’ora a piedi tra i boschi, una fitta grandinata e sentieri che ormai si erano trasformati in torrenti di melma, segno del grande interesse che l’evento ha suscitato.

A promuoverlo è stato il comitato FPXA, iniziali del marchese, che ha avuto dalla proprietà la possibilità di aprire le porte del castello per un giorno.

Venti anni fa Sammezzano era un albergo di lusso con 17 camere e grandi saloni per pranzi e cerimonie, spesso matrimoni facoltosi. Poi la struttura chiuse e oggi è della società italo-inglese Sammezzano Castle Srl, in attesa che si realizzi un ambizioso piano di recupero e valorizzazione. Il comitato stima in 300 milioni di euro circa l’acquisto del castello, senza contare i lavori di recupero.

Al momento alcune finestre rotte dai vandali sono state sostituite con parti recuperate da una vecchia serra, almeno per evitare le infiltrazioni e danneggiare meno possibile i colori sulle pareti ricoperte di gesso.

C’è poi il problema di quello che viene definito ‘l’ecomostro’di Sammezzano: una costruzione “ideata” dall’architetto Spadolini, cugino del noto politico, con lo scopo di estendere a cento camere la ricettività del castello, mai terminata e che dovrà essere distrutta da chi ci rimetterà un giorno le mani.
Un’eredità pesante, per questo oggi, con la crisi che c’è, i grandi progetti sono tutti al palo.
Difficile capire il perché di una costruzione così fantasiosa in Toscana se non si conosce la storia del marchese.
Ferdinando ha una passione, l’architettura, e un’idea: l’arte occidentale deriva da quella orientale.Litiga con tutti per questa sua bizzarra convinzione che, però, continua a difendere a tutti i costi. Ferdinando è il marchese Panciatichi Ximenes d’Aragona ed è ricco, molto ricco. Possiede un edificio nel Valdarno, a Sammezzano, parte di un’enorme e antica tenuta di caccia sin dai tempi di Cosimo I de’ Medici, e decide di finanziare un’impresa faraonica: progettare e realizzare un castello  in grado di rappresentare e fondere tutti gli stili orientali, dalla Siria, all’India, passando per lo stile moresco.
Si mette subito al lavoro: assume artigiani locali, alcuni li fa arrivare addirittura dal nord Africa, costruisce una fornace dove preparare la ceramica, progetta un palazzo di 365 stanze (una per ogni giorno dell’anno) e un parco di svariati ettari dove fa piantare specie esotiche (ad esempio le sequoie, che attualmente hanno un tronco di 10 metri di diametro).

Siamo nel 1853 e, mentre l’Italia è in pieno Risorgimento, Ferdinando in quarant’anni realizza un castello dalle mille e una notte.

Il motto del marchese “Todos contra nos. Nos contra todos” ci dà una vivida impressione del suo carattere ostinato. Ogni stanza del Castello rappresenta uno stile, e lo esprime fedelmente: la Sala Bianca è modellata sull’Alhambra di Granada; la Sala dei Pavoni – ovvero la sala da pranzo – è perfettamente indiana con la riproduzione dello stile moghul; la Sala della Musica ha un’acustica eccellente;  ci sono molti altri ambienti dai nomi curiosi, come le Sale dei Gigli, degli Amanti, delle Stalattiti, degli Specchi.
Una girandola di colori e forme straordinaria se si pensa che Ferdinando Ximenes d’Aragona non era mai stato fuori dall’Europa, e quell’architettura orientale l’aveva studiata solo sui libri.

Praticamente un tuttologo, politico di alto profilo sia a Firenze che nel Regno d’Italia, dove fu parlamentare e si dimise dopo l’approvazione di una legge a sostegno del clero.

La giornata di domenica è stata anche occasione per lanciare il progetto, sempre promosso da FPXA, del recupero delle tombe dei nobili a Sociana, piccola frazione di Reggello a pochi chilometri da Sammezzano. L’obiettivo è ridare splendore al sepolcreto in modo da far sì che la memoria di un personaggio così eclettico quanto controtendente come il marchese Ferdinando non vada persa. In periodi di magra specie per i fondi ai beni storici e culturali, ancora una volta il volontariato sfoggia un nuovo esempio di come sia possibile, unendosi per il bene comune, riuscire a raggiungere uno scopo e, perché no, togliersi qualche soddisfazione.