di Mariantonietta Rasulo  – Non è un gioco di parole cari lettori, questo è il dilemma che oggi ci assale ogniqualvolta ci ritroviamo davanti ad un abito firmato, ad una borsa griffata o all’olio che mettiamo sulle nostre tavole acquistati a  prezzo troppo basso.

Perché questo dilemma? Beh, perché il fenomeno della contraffazione è un fenomeno dirompente, dilagante e disarmante che  tocca svariati settori, dalla moda all’agroalimentare, dalla farmaceutica alla meccanica, all’audio/video con una tale rapidità e con una tale profondità che impedisce a noi consumatori attivi di saper distinguere il vero dal falso.

La contraffazione si è impadronita di tutti i principali momenti della nostra vita provocando danni non solo alla salute di chi acquista i “falsi”, ma anche, e soprattutto, all’economia del nostro Paese, al lavoro, ai diritti sociali, alla dignità umana e all’identità del made in Italy assicurando utili ingenti alle mafie che la gestiscono.

Dietro ad un prodotto contraffatto si nascondono fenomeni ben più eclatanti di cui molto spesso un consumatore  è totalmente all’oscuro come lo sfruttamento del lavoro minorile, la criminalità organizzata, la perdita di posti di lavoro. Il danno economico che impatta sulle comunità soltanto in Italia è stimato in 7 miliardi di eurosottrae 110mila posti di lavoro regolari all’anno e, nel mondo, costringe 115 milioni di bambini sotto i 14 anni a lavorare invece di andare a scuola.

La stima dell’impatto della contraffazione sull’ economia italiana evidenzia 5,5 miliardi di valore aggiunto perduto (corrispondenti allo 0,35% del PIL italiano);1,7 miliardi di gettito perduto per imposte, legate alla produzione diretta; 4 miliardi e 620 milioni di euro se si comprende anche la produzione indotta.

I settori più colpiti sono quelli di abbigliamento e accessori (quasi 2,5 miliardi di euro), il comparto software, cd e dvd (più di 1,8 miliardi di euro) e quello dei prodotti alimentari (quasi 1,1 miliardi di euro).

In Toscana nel 2013 la Guardia di Finanza ha effettuato 976 interventi, quasi tre al giorno, contro le merci falsificate, sequestrando prodotti per un valore di oltre 85 milioni di euro.

In seguito ai blitz sono state denunciate 508 persone e sequestrati 3,5 milioni di capi di abbigliamento, fra i quali borse e articoli di moda in pelle (+20% sul 2012).

Per quanto riguarda il tessile, sono stati sequestrati 135mila rotoli di tessuto (quasi tutti provenienti dalla Cina) senza etichettatura dell’origine e della composizione fibrosa (+35% sul 2012), equivalenti a 27 milioni di metri quadri di stoffe caricati in 322 containers.

Un fenomeno dilagante dunque, diffuso in tutta Italia che non coinvolge solo  i nostri prodotti esportati all’estero ma anche  quelli prodotti proprio qui, in casa nostra. Certo, perché un grosso problema che si sta allargando a macchia d’olio è quello della contraffazione proprio dei prodotti della nostra tavola: olio, pasta, sugo, prodotti simbolo della dieta mediterranea e bandiera del made in Italy in tutto il mondo.

Bene, la contraffazione non ha risparmiato neanche questi prodotti, rovinando la reputazione del Paese del mangiar bene!

Ma le mani lunghe del contraffatto non si fermano qui.. Qualche anno fa in Inghilterra fece scalpore il caso di un bambino di nove mesi, Archie Lloyd Bennett, il cui viso fu ustionato dal contatto con la pelle del divano di casa, acquistato nel punto vendita di una rispettabilissima catena al dettaglio, ma importato dalla Cina, e trattato con un potente fungicida.

Sconvolgente…

Ora, chiediamoci: se questo può accadere nelle catene legali, cosa può succedere se acquistiamo da quelle illegali, la cui filiera è controllata dalle mafie? Quali garanzie otteniamo, per la salute dei nostri figli, da chi ce le vende?

La prima cosa da fare per affrontare il fenomeno della contraffazione è parlarne, proprio come fa l’attrice Tiziana Di Masi che con il suo teatro civile e d’impegno sociale, ha presentato al teatro Puccini di Firenze “tutto quello che sto per dirvi è falso”, uno spettacolo  che per la prima volta mette a nudo i danni sociali causati dalla subdola e redditizia attività della contraffazione, promosso dall’Osservatorio anticontraffazione della Camera di Commercio di Firenze.

Uno spettacolo-denuncia su testi del giornalista Andrea Guolo che ha il nobile obiettivo di far conoscere ciò che si nasconde dietro il mondo mascherato del contraffatto e del falso, che si rivolge soprattutto a quelle persone che non lo ritengono un fatto grave, oppure che sono convinte di dare aiuto ai venditori illegali, ultimi anelli della catena e anche loro vittime del commercio di falsi.
La produzione, diretta dalla vicentina La Piccionaia-I Carrara teatro stabile d’innovazione, è l’esito di un percorso artistico complesso, frutto di un lavoro d’inchiesta approfondito. Sono storie di vita vera, drammatiche, toccanti e perfino ironiche, legate dal filo comune della contraffazione, storie che svelano l’esistenza di una “filiera del dolore” di cui ciascun cittadino diviene parte nel momento in cui sceglie di acquistare un bene contraffatto.

La produzione teatrale a livello nazionale e internazionale è stata sostenuta da Regione Veneto, Sistema Moda Veneto, Commissione Europea, Ministero dello Sviluppo Economico, Anci, Indicam, Confcommercio, Agenzia delle Dogane, Ancc/Coop, Cgil, Cisl, Uil, Libera, Arci, Consorzio di Tutela del Parmigiano Reggiano Dop, Confartigianato Imprese, Cna Federmoda, Confesercenti, Ordine Nazionale dei Giornalisti, Grana Padano Dop.

La prossima data in Toscana è a Certaldo il 19 aprile 2014.