di Nadia Fondelli –

Un pezzo preparato da qualche giorno, ma che proprio oggi acquista un altro significato!

Si è svolto nei giorni scorsi nello scenario del Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio a Firenze uno workshop passato sottotraccia. Peccato!

Sarà per la mia anima di volontaria ma credo che parlare di resilienza sia molto importante, oggi più che mai!

Mi soffermo un attimo sulla parola resilienza che anche se non ha il fascino di “petaloso” si può considerare un neologismo in quanto parola poco frequente da molti.
“Resilienza” significa “capacità degli oggetti di resistere a un urto” ma in Palazzo Vecchio, la parola è stata applicata agli esseri umani determinando così che resilienza è la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici come i disastri naturali o gli atti di terrorismo.
Psicologi, sociologi, medici e amministratori si sono alternati all’oratoria per parlare di come “Accrescere la resilienza nella popolazione”.

Fra gli interventi ci ha colpito quello gagliardo del sindaco di Montelpo Fiorentino, Paolo Masetti, non a caso responsabile di protezione civile per l’Anci regionale e già dirigente di protezione civile in provincia.
Masetti ha colto l’occasione per lanciare un grido d’allarme e togliersi dalle scarpe alcuni sassolini. Nemmeno tanto piccoli.
I numeri parlano chiaro nella loro semplicità. Dal 1945 al 2015 in Italia per disastri naturali ci sono state 5455 vittime in 2458 Comuni, 101 province e in tutte le regioni italiane.
Se poi aggiungiamo che il 78% delle frane che colpiscono i 28 paesi della Comunità Europea sono in Italia, non abbiamo certo da che stare rilassati.
Eppure di protezione civile si parla, e sopratutto si fa, poco. Sembra che quei volontari con abiti sgargianti sbuchino fuori dal niente solo quando c’è qualche disastro.
Anche alcuni sindaci non sono consapevoli della loro responsabilità. “Ricordo un collega – racconta Masetti– che a seguito di una tragedia che aveva colpito il suo Comune, intervistato su cosa stesse facendo per far fronte all’emergenza candidamente risposte che per questo si doveva sentire la Protezione Civile. Ignorando che il responsabile massimo di Protezione Civile è proprio il sindaco!”
Ma anche se il sindaco (fortunatamente nella maggioranza dei casi) è conscio del ruolo è altrettanto conscio di avere un cerino acceso in mano perché, tornando ai numeri, è quasi scontato che nell’arco del mandato si troverà a fronteggiare almeno un’emergenza più o meno grave che sia.
Il problema è quindi affrontare la situazione preparati: essere resilienti, appunto. Le pubbliche amministrazioni, lo sappiamo, hanno le casse vuote, ma il problema è anche nella mancanza di competenze. In poche parole, per la regola astrusa della rotazione nei ruoli dei dipendenti comunali, si può trovare sulla poltrona di responsabile di protezione civile un dipendente senza competenza specifica.
Finché non succede niente tutto passa sotto traccia ma… La Protezione Civile svolge la sua funzione soprattutto se previene e per prevenire serve competenza e parlare del tema come di un atto del quotidiano insegnando ai cittadini che sono loro la “protezione civile”.

Il Comune poi ci mette del suo. Magari con una figura professionale ad hoc, come sta chiedendo (e lavorando per farlo) Masetti sia a livello di Anci che presso il Dipartimento a Roma.
Serve chiarezza e consapevolezza. Serve sapere chi fa che cosa.
Insomma Masetti ci ha voluto scuotere ricordandoci che la resilienza si fa non abbassando la guardia ma parlando di protezione civile. Fosse anche per illustrare i piani comunali, le buone norme in caso di ghiaccio, neve, vento , bombe…
E noi ne parliamo da sempre su questo foglio e continueremo a farlo, magari chiedendo ad ogni sindaco.

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