– di G. Vulmen –

Europa matrigna? No, grazie!

Partiamo da un presupposto, e cioè che mi rivolgo ad un pubblico ragionevole e osservante delle regole, anche quelle fiscali.

Bene! Premessa fondamentale per la riflessione che vado a condividere.

Noi toscani facciamo parte di più comunità: innanzitutto quella nazionale, poi quella regionale, quindi quella comunale ed infine, laddove esistono, rionale ( quella appartenente ai quartieri); tutto ciò a prescindere dai campanilismi più o meno presenti in gran parte del nostro territorio.

Stato, Regione, Comune, sono Istituzioni che amministrano le rispettive comunità, per fare questo ci hanno fornito di leggi e regolamenti che noi, cittadini osservanti, cerchiamo di rispettare al meglio delle nostre possibilità, per cui quando arriva una certa data sappiamo che dobbiamo mettere mano al portafoglio per pagare una certa tassa, tributo o imposta che i nostri amministratori ci hanno imposto; vedi ad esempio la tassa sulla proprietà dei beni immobili, senza entrare nel merito della sua opportunità.

Se siamo uno di quei cittadini che hanno avuto la fortunata opportunità di diventare proprietario di un bene immobile in seguito a compravendita, dopo aver corrisposto al venditore il prezzo di acquisto, abbiamo dovuto pagare l’imposta di registro, quella ipotecaria e quella catastale, dopo di che annualmente siamo tenuti ad erogare all’ente delegato un certo “quid” per il solo fatto di essere proprietari.

Balzello giusto? Ingiusto? Equo? Iniquo?

Abbiamo detto che non vogliamo entrare nel merito, ma, fintanto che esiste il cittadino onesto ed osservante delle regole della comunità alla base del quieto vivere, questo adempie a ciò che gli viene imposto da una norma generale approvata dal Parlamento che ciascuno di noi ha contribuito ad eleggere: non dimentichiamo, poi, che la maggioranza costituitasi in seguito all’esito delle elezioni governa per tutti e tutti devono attenersi a ciò che viene legiferato.

Se un buon cittadino (a parte casi eccezionali previsti in determinati casi dalla norma impositrice) non versa al momento dovuto il “quid” di propria spettanza, nel maggior numero dei casi si ritrova a pagare penali, interessi e quant’altro. Laddove poi l’inosservanza alla norma si protragga per più anni, non di rado si ritroverà, in ultima istanza, a subire un’esecuzione forzata.

Tutto ciò non toglie che ogni buon cittadino possa impegnarsi a far sì che la norma sopra esposta venga modificata, o addirittura soppressa, a favore di tutti, o anche solo di qualche particolare categoria.

Però, finché la norma esiste, il cittadino, osservante delle regole alla base del quieto vivere e delle leggi stabilite nell’interesse generale, adempie al proprio onere e dovere.

Ed ora andiamo ad esaminare un’altra comunità della quale, per scelta, facciamo parte: parlo ovviamente della Comunità Europea.

E’ una comunità composta da singoli Stati che a suo tempo vi hanno aderito, impegnandosi a rispettare le norme che di volta in volta sono state emanate per salvaguardare determinati principi, stabilite dalla maggioranza che era uscita in seguito ad elezioni svoltesi nei singoli Paesi che fanno parte della Comunità.

A me personalmente sembra superfluo ripetere che ogni Stato aderente a quella Comunità sia tenuto ad osservare le norme in vigore, quantunque possano talvolta apparire sfavorevoli per lo Stato al quale appartengo.

Ritengo inoltre legittimo che la Comunità possa prendere provvedimenti nei confronti dello Stato al quale appartengo nel caso in cui io – in una maniera o nell’altra – abbia procrastinato nel tempo l’elusione di determinate norme stabilite dalle maggioranze (ritualmente costituitesi a seguito di democratiche elezioni) e succedutesi negli anni pregressi.

Niente toglie che lo Stato al quale appartengo possa impegnarsi a far sì che in un avvenire più o meno vicino, queste norme vengano cambiate in senso più favorevole agli interessi del mio Paese, ma resta il principio sacrosanto che finché quelle norme sono in vigore io sono tenuto ad osservarle.

Accettando per paradosso il contrario, come sembra andare di moda di questi tempi, si giungerebbe alla iperbolica conclusione che ogni singolo abitante del mio Paese, non ritenendo equa – in via del tutto ipotetica – per esempio la tassa sui rifiuti, una mattina stabilisse di non doverla più corrispondere invocando per analogia il comportamento tenuto dal mio Stato di appartenenza verso quella Comunità (Europea) alla quale aveva spontaneamente aderito.

In buona sostanza, finché una norma è vigente, la stessa deve essere osservata da tutti anche a costo di gravosi sacrifici. Giusto che chi vi ha interesse si adoperi democraticamente per cambiare o modificare detta norma, ma sempre all’interno degli organismi preposti a far ciò: niente e mai al di fuori delle regole sancite.

Uscendo da tali principi si torna al caos, o alla legge del più forte, e non mi sembra che lo Stato al quale appartengo possa oggi rivestire tale ruolo.