– servizio a cura di Nadia Fondelli –

 Presentato nei giorni scorsi il secondo rapporto sui fenomeni di criminalità organizzata curato dalla Scuola Normale di Pisa su commissione della Regione Toscana. Il quadro che emerge non è molto rassicurante. Oggi la Toscana è dopo le regioni storiche la prima in Italia per insediamenti mafiosi.


78 clan attivi, 223 le persone accusate di aver commesso un reato con l’aggravante mafiosa, la prima in Italia per arresti o denunce. Il 30% del totale nazionale al netto delle regioni storiche.

Non solo.
Il porto di Livorno non è solo quello delle grandi nave da crociera ma, dopo Gioia Tauro, è il primo in Italia per sequestro di cocaina, mentre la provincia di Prato – dove le mafie italiche si intrecciano e fanno affari con quelle cinesi – è la prima per reati di riciclaggio con livello venti volte superiore a quello della media nazionale!
C’è poco da stare allegri nell’ex Granducato, leggendo le conclusioni del secondo rapporto annuale sui fenomeni della criminalità organizzata e corruzione condotto dalla Scuola Normale di Pisa su commissione della Regione.
Un rapporto che approfondisce quello dell’anno precedente e che delinea come in Toscana mafia e corruzione siano molto attive e in continua espansione.

 “Mancano evidenze probatorie di un controllo esclusivo del territorio – chiarisce il procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo, intervenendo alla presentazione – Le cosche considerano la Toscana come terra di conquista dove c’è spazio per tutti. Non si registrano per questo guerre di mafie”.

In effetti gli affari si fanno bene quando non si alzano troppo i toni, ma si tratta comunque di una presenza laboriosa e da non sottovalutare.
Nel rapporto si è provato anche a tracciare una geografia della presenza in Toscana delle quattro mafie tradizionali (Cosa Nostra, n’drangheta, camorra e Sacra Corona Unita) e la parte del leone la fa la n’drangheta con il 48%, seguito da un 41% della Sacra Corona Unita, per Cosa Nostra e camorra solo briciole.
I mercati di riferimento sono quello della droga (23%), delle estorsioni (13%), dello sfruttamento della prostituzione e del riciclaggio (11%) e della contraffazione e usura (6%), da non sottovalutare anche se oggi con piccoli numeri il traffico di rifiuti.
Detto di Livorno e del suo porto le province dove la penetrazione criminale è più elevata sono Grosseto, Livorno, Prato e Massa Carrara. Nello specifico aumentano i danneggiamenti a seguito di incendio, gli attentati e le rapine in banca; in quanto ad estorsioni ancora Livorno è fra le prime in Italia mentre Prato svetta nel riciclaggio.

L’emergenza oggi è sicuramente la ‘ndrangheta – afferma il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho, presente anche lui a alla presentazione del rapporto – E’un’organizzazione trasnazionale di una forza economica incredibile, presente in Europa come in America Latina, nel porto di Livorno come in quello di Genova o Rotterdam, in modo stabile. Hanno denaro a fiumi e investono ovunque – aggiunge – La guidano avvocati, commercialisti e laureati. E’ un’organizzazione camaleontica e capace di mimetizzarsi”.

A rendere ancora più fosco il quadro i numeri della Fondazione Caponnetto, con 132 gruppi criminali censiti e un giro di affari stimato di 15 miliardi, ma non solo. Secondo il settimanale l’Espresso in Toscana si nasconderebbe addirittura il boss superlatitante di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro, protetto dalla ‘ndrangheta.
Dov’è finita la Toscana felix?
C’è ancora, anzi.

E’ più forte che mai, perché è proprio di questa immagine idilliaca che si nutre la criminalità per agisce in modalità 2.0 ovvero senza clamore, senza stragi, ma grazie agli appoggi nel campo dell’imprenditoria, delle professioni, dell’associazionismo e della politica.
Il campo di conquista? Quello degli appalti pubblici e dei finanziamenti sopratutto. Una mafia in colletto bianco difficile da individuare e da sradicare.
E la regione che cosa fa? Si impegna, fin dagli anni ’90, a combattere il fenomeno sostenendo i campi estivi in Sicilia e in Calabria sui terreni strappati alla criminalità e con la “casa della memoria” ovvero il Centro di documentazione e legalità democratica che si trova all’ultimo piano di Palazzo Strozzi Sacrati, affacciato su piazza Duomo a Firenze.
Un archivio sui misteri e i poteri occulti, le stragi, l’eversione, la mafia e la criminalità organizzata in Italia. Uno spazio di educazione alle legalità, quasi sconosciuto, frequentato da studiosi ma anche dalle scuole.
Ma basta davvero? Non è che l’impegno vada modulato a “casa nostra”?