– di Sergio Bedessi –

Oggigiorno l’ascolto di musica attraverso le varie piattaforme di video sharing (Youtube, Myspace, Vimeo, ecc.) o di video streaming service (come Spotify o Apple Music) ne fa perdere alcuni aspetti importanti, apprezzabili solamente in un concerto dal vivo; questo è particolarmente vero per la musica rock ed il suo collegamento con l’aspetto mistico che la connota.

Recentemente si sono tenuti in Italia (Trento e Udine, 8 e 9 febbraio, organizzazione Azalea) due concerti del tastierista e compositore britannico Rick Wakeman, artista dall’enorme discografia, ben 185 release fra album, singoli e video, noto più che altro per aver fatto parte del gruppo rock progressive degli Yes nei primi anni settanta, spesso ricordato solo come icona di una silenziosa sfida fra tastieristi dei vari gruppi rock degli anni ’80, come Keith Emerson (ELP) o Tony Banks (Genesis).

Alcuni dei suoi lavori, suonati adesso in versione minimalista a Udine usando solamente il pianoforte, hanno un forte collegamento con elementi mistici; questi aspetti sono stati fatti rilevare da vari autori, fra i quali Maxwell Steer (Music and Mysticisim, Routledge, 1997) e ancor prima da Steve Turner (Hungry for Heaven: Rock ‘N’ Roll & the Search for Redemption, Intervarsity Press, 1995) che aveva addirittura affermato che gli esseri umani sono fatti per un mondo più trascendente e che questo concetto è essenziale nella musica rock.

Infatti la musica di Wakeman è stato veicolo di rappresentazione musicale di racconti fantastici, come “Viaggio al centro della Terra” (1974) di Verne, leggende come “I miti e le leggende di Re Artù e dei Cavalieri della Tavola rotonda” (1975), e racconti mitici, come “Il signore degli anelli” di Tolkien (Canti dalla Terra di Mezzo, 2002) e in questo senso si può quindi parlare di forte collegamento fra l’elemento mistico e l’elemento musicale.

Inoltre il rock di Rick Wakeman, si può definire “sinfonico” non tanto per la magniloquenza delle strumentazioni utilizzate nei concerti e nei dischi (non in questo concerto), quanto per l’abilità di architettare melodie abilmente intrecciate su una struttura armonica solida e degna delle sinfonie di Beethoven.

Se però nelle produzioni precedenti, discografiche e concertistiche, Wakeman puntava molto sugli elementi coreografici, sull’imponenza delle fonti musicali (spesso, oltre al gruppo, orchestra e coro) e su qualche elemento scenico forte, nei due ultimi concerti il collegamento fra musica e misticismo è divenuto fortemente intimista: lo si ritrova nelle stringenti melodie recuperate dalle sue opere, questa volta depurate dall’orchestrazione e forse per questo ancor più incisive, come nel pezzo “Hall of the mountain King” nel quale riecheggia il Grieg del Peer Gynt, con il suo viaggio più mistico che reale.

Un tema, questo del viaggio mistico, che si ripropone a più riprese nelle opere di Rick Wakeman, e che si è ulteriormente ripresentato sul palco di Udine quando questo artista ormai sessantottenne, ma ancora con i capelli lunghi, ha intonato alcune delle canzoni, come “Space oddity”, che aveva suonato per il suo grande amico David Bowie scomparso nel 2016, ricordando la sua battaglia contro il cancro e il suo viaggio verso l’eternità.