– di Giuseppe Ponterio –
Si chiama DAW (Digital Art Work) la nuova opportunità per i musei, rimasti chiusi così a lungo. Si tratta di una innovativa tecnologia, brevettata dalla società Cinello, usata per la realizzazione di copie digitali di opere d’arte. Da anni l’azienda collabora con numerose realtà espositive tra cui la Pinacoteca di Brera, il Museo e Real Bosco di Capodimonte , la Fondazione Cavallini Sgarbi, le Gallerie dell’Accademia di Venezia e le Gallerie degli Uffizi. E proprio il museo fiorentino, sotto la guida di Eike Schmidt, recentemente ha venduto ad un collezionista privato, per 240 mila euro, il suo primo Digital Art Work, il Tondo Doni di Michelangelo Buonarroti. Dei 240 mila euro, tolti 100 mila per le spese di produzione, 70 mila sono rimasti al museo. L’intesa tra la Cinello e gli Uffizi, infatti, prevede che all’istituzione museale sia versato il 50% del ricavo netto dal prezzo di vendita per ogni DAW realizzato sulla base di un dipinto scelto dalla collezione. E mai come oggi tale frontiera si traduce in un aiuto concreto per rimpinguare le casse dei musei che così duramente hanno pagato la chiusura nei mesi passati. Quella del digitale, è una sfida e un’opportunità anche per esportare nel mondo i simboli culturali di una nazione… il gemello del David di Michelangelo nel padiglione Italia dell’Expo di Dubai ne è un esempio. In questo caso la tecnologia è riuscita addirittura a ricreare i dettagli, come le venature, dell’originale in marmo.
Fruibilità estesa e introiti sono due aspetti importanti che il digitale è in grado di garantire ad un museo. Eppure, sebbene i guadagni derivati dalla vendita dei DAW non siano sufficienti da soli a risollevare i fragili bilanci di una realtà espositiva come può essere per gli Uffizi, che secondo le stime ha perso 12 milioni di euro nei mesi di lockdown, sicuramente essi contribuiscono alla ripartenza e allo sviluppo di nuovi progetti per il futuro. La digitalizzazione dei beni culturali deve far riflettere anche sull’importanza che questa può avere nella formazione di nuove figure professionali che siano in grado di coniugare sapere teorico e sapere tecnico. In questa prospettiva, ripartire dal museo come luogo di formazione e di ricerca diventa cruciale… E l’Italia di materia prima ne possiede in sovrabbondanza.