– servizio  e foto a cura di Edoardo Abruzzese –

Un’altra tempesta, questa volta in termini di nubifragi, inondazioni, tifoni che hanno ulteriormente schiacciato questo nostro Bel Paese e la vita di dodici persone.

Non vogliamo commentare, lo fanno già in tanti!

Abbiamo scelto  di pubblicare uno stralcio dal Rapporto 2018 del WWF che invitiamo a leggere, magari vi viene anche la voglia di leggere l’intero documento…

(…) Il cambiamento climatico causato dalle attività umane è reale, sta accadendo ora, ed è tra le sfide più grandi che dobbiamo affrontare sul pianeta Terra. il che a sua volta potrebbe avere un effetto a catena negativo su altre specie che dipendono da esse.

Molti decenni di combustione di combustibili fossili, accoppiati ad una crescente deforestazione, stanno avendo un impatto innegabile sulla nostra casa terra.

In tutte le regioni del mondo stiamo vedendo i pericoli teorici di ieri diventare la nuova realtà di oggi: gli effetti del riscaldamento globale sono già misurabili, sono negativi ed andranno a peggiorare.

A partire dall‘innalzamento del livello del mare fino alla ritirata dei ghiacciai, dai sempre più frequenti e gravi eventi meteorologici estremi fino al riscaldamento degli oceani, le conseguenze ambientali di temperature globali più alte si stanno manifestando intorno a noi.

Nel frattempo, le società umane – in particolare nelle aree in via di sviluppo – stanno già pagandone i danni in quanto alcune aree diventano inabitabili, la sicurezza alimentare diminuisce, le risorse idriche si riducono e nuove misure sono necessarie per combattere la diffusione delle malattie. Nonostante l’impegno mostrato dalle nazioni del mondo nel raggiungere l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici nel 2015, possiamo aspettarci in futuro molti più danni dovuti ai cambiamenti climatici. E c’è anche qualcos’altro che potremmo vedere: questi impatti ambientali potrebbero portare ad enormi perdite di biodiversità in tutti i continenti e in tutti i gruppi di specie. Questo rapporto riassume un progetto di ricerca innovativo del WWF, che abbiamo condotto in collaborazione con esperti del Tyndall Centre for Climate Change presso l’Università dell’East Anglia. I nostri risultati derivano dall’analisi globale ad oggi più completa degli effetti dei cambiamenti climatici su piante ed animali e dipingono un quadro sorprendente del legame tra le temperature globali e lo stato della fauna selvatica e degli ecosistemi che ci circondano.

La ricerca esamina gli impatti previsti di una serie di scenari di riscaldamento su diversi gruppi di specie in 35 “Zone Prioritarie” per la conservazione. Queste regioni contengono buona parte della più ricca e straordinaria biodiversità del pianeta, tra cui molte specie simbolo, in via di estinzione ed endemiche. Mentre i risultati variano, emergono alcuni temi chiave.

Gli estremi di oggi saranno la normalità di domani: gli anni estremamente caldi e secchi in passato hanno spesso portato ad un significativo calo delle popolazioni. In molte Zone Prioritarie si prevede che le temperature medie stagionali superino quelle sperimentate precedentemente solo nei più caldi degli ultimi 50 anni – in alcuni casi ciò potrebbe accadere già entro il 2030. Ciò è probabile che si verifichi anche se gli aumenti della temperatura globale media fossero mantenuti entro 2°C oltre i livelli preindustriali. In molte zone sono previste anche temperature massime molto più elevate rispetto agli estremi del passato, precipitazioni inferiori e siccità più lunghe.

Avremo bisogno di sforzi maggiori per mitigare il clima se vogliamo evitare gravi perdite di biodiversità .Mentre l’accordo di Parigi mira a limitare l’aumento della temperatura globale media ben al di sotto dei 2°C (con l’obiettivo di 1,5°C), gli attuali impegni climatici nazionali condurrebbero ad un riscaldamento di circa 3,2°C, ed il cosiddetto “business as usual” significherebbe un aumento di 4,5°C. All’aumentare della temperatura, aumenta anche la percentuale di specie a rischio. Con 4,5°C di riscaldamento, quasi il 50% delle specie attualmente presenti nelle Zone Prioritarie sarebbero a rischio di estinzione locale, ma se l’aumento della temperatura fosse limitato a 2°C questo rischio si dimezzerebbe, sottolineando l’importanza di un’azione urgente per ridurre le emissioni di gas serra. Anche un aumento di 2°C porterà a perdite generalizzate di biodiversità; con un innalzamento medio della temperatura globale limitato a 2° C, si prevede che molte Zone Prioritarie perderanno una parte significativa delle loro specie poiché il clima diventerà a loro inadatto. In uno scenario di 2°C, quasi il 25% delle specie in Zone Prioritarie sarebbe a rischio di estinzione locale. Si prevede che le piante saranno particolarmente colpite, perché spesso non sono in grado di adattarsi abbastanza rapidamente ad un clima che cambia.

La dispersione può fare una grande differenza. Per sopravvivere, le piante e gli animali che affrontano i cambiamenti climatici devono adattarsi al loro ambiente o trasferirsi altrove. Alcune specie potrebbero sopravvivere seguendo lo spostamento delle loro condizioni climatiche preferite e disperdendosi in nuove aree. Tuttavia, questo movimento pone sfide significative in quanto l’habitat adatto in cui spostarsi potrebbe non esistere, o potrebbe essere già stato convertito in agricoltura o ad altri usi del territorio incompatibili con la sopravvivenza di quella specie; in aggiunta, potrebbero esserci anche ostacoli alla dispersione come le catene montuose. Quindi c’è un’enorme quantità di lavoro da fare sul campo per realizzare potenziali benefici per la biodiversità. Senza la capacità di disperdersi, la percentuale di specie esposte ad estinzione locale con un aumento della temperatura globale di 2°C aumenterebbe dal 20% a circa il 25%. Nel peggiore dei casi, senza dispersione e con un aumento di 4,5°C, questa percentuale balzerebbe dal 40% al 50%.

Gli sforzi di conservazione sono cruciali. I cambiamenti climatici si aggiungono alle pressioni esistenti – come la perdita di habitat, il bracconaggio e la agricoltura non sostenibile – che stanno già mettendo a dura prova le popolazioni delle diverse specie. Sarà necessario raddoppiare gli sforzi di conservazione locale per rafforzare la resilienza delle specie ai cambiamenti climatici, per proteggere e ripristinare i corridoi ecologici che supportano la dispersione, e per rendere sicure quelle aree che rimarranno come habitat adatto – note come “rifugi”- anche con l’aumento delle temperature”(…) .