di Stefano Nonvel – Ci siamo! Il 24 ed il 25 febbraio, ormai molto prossimi…, i cittadini italiani sono chiamati ad esprimere le proprie indicazioni per l’elezione dei nuovi rappresentanti del popolo nei due rami del Parlamento: Camera dei deputati e Senato della Repubblica.

Questa nuova chiamata alle urne avviene dopo la mancata riforma della legge elettorale, il cosiddetto “porcellum” che di fatto impedisce agli elettori la scelta dei propri rappresentati in quanto la legge in questione ha eliminato le preferenze, facendo sì che (per quanto attiene alla Camera dei deputati) vengano eletti in ciascuna lista presentata dai partiti per ogni singola circoscrizione un numero di candidati in proporzione al numero di voti riportato dalla lista di ogni partito, partendo dal primo indicato in lista ed a scendere poi fino al candidato con il numero di lista più alto.

E siccome la collocazione in lista avviene ad opera della dirigenza di ciascun partito, il voto dei cittadini si risolve unicamente nella scelta della formazione politica.

Durante il governo tecnico che ha governato il nostro Paese nel 2012 si è parlato più volte di riformare il ”porcellum”: ma di fatto – i veti incrociati, ora dell’una formazione politica, ora dell’altra – ha condotto ad una mancata riforma.

Diversi partiti avevano proposto di procedere alla scelta del candidato premier prima, dei singoli candidati da inserire nelle liste poi, mediante una consultazione popolare (le così dette primarie) ma poi solo un partito si è attenuto a questa forma democratica (di origine anglo sassone) mentre un’altra formazione ha proceduto ad una consultazione consimile mediante la scelta dei candidati in via telematica (on-line): ma la procedura per partecipare è risultata abbastanza complicata, specie per il nostro Paese dove – a parte gli appartenenti alle ultime generazioni – la divulgazione di internet ed annessi non è così elevata come in altre nazioni europee: tutto ciò ha comportato che la scelta dei candidati di quella formazione politica sia risultata eletta da una minoranza numerica del prevedibile elettorato.

Ancora una volta il nostro sistema elettorale, che nella volontà del legislatore dovrebbe tendere ad un bipartitismo di tipo anglosassone (inglese – americano) ha visto in prossimità delle elezioni politiche il proliferare di liste elettorali; molte di queste sono liste cosiddette “civetta”: portano nel simbolo o nella dicitura segni o parole utilizzate dai partiti più importanti ed hanno il solo scopo di confondere gli elettori. Spesso questi ultimi, o per distrazione al momento del voto, o per fretta, segnano con una “croce” quel simbolo credendo di dare la preferenza alla formazione più importante mentre in realtà viene premiata una formazione che ha il solo pregio di aver imitato nel simbolo o nelle diciture segni o parole utilizzati dal partito per il quale avrebbero inteso votare.

Nell’ultimo mese di campagna elettorale tutti i maggiori rappresentanti di ciascuna formazione politica si sono proposti di eliminare ora quella tassa, ora quella imposta, ora un ticket, ora la riduzione di qualche cosa che in maniera più o meno intensamente risulta odiosa a qualche parte della cittadinanza; e non è difficile immaginare che, se la campagna elettorale fosse durata qualche settimana in più, saremmo stati ancora spettatori di qualcosa di inimmaginabile!

Vero è che lo Stato, nel senso che è inteso dalla stragrande maggioranza del nostro popolo, deve garantire l’efficienza di alcuni servizi essenziali per la comunità: scuole, sanità, giustizia …. nonché approvvigionamento di utenze a prezzi “politici” in modo che tutta la popolazione ne possa usufruire senza discriminazioni.

Tutto ciò comporta che lo Stato debba incassare tasse ed imposte per poter apprestare tali servizi e fornire prestazioni utilizzabili dall’intero contesto sociale. Ciò che viene richiesto dalla stragrande maggioranza della popolazione è che i “nostri rappresentanti” (in Senato ed alla Camera) non sprechino tali risorse, eliminando enti inutili e riducendo i costi ingiustificati o superflui, così come solitamente viene fatto da ciascuna famiglia quando il reddito di uno dei componenti viene a mancare. Si chiede pertanto che chi rappresenta la Nazione e ciascuno di noi si comporti come una famiglia assennata.

E i tempi attuali lo impongono!

Sempre in questa campagna elettorale si è assistito – immancabilmente – a frasi come “usato sicuro”, “voto utile”, e consimili.

Inutile dire che ciascun voto, dato a qualunque lista, è utile in quanto espressione di un connazionale che ha una propria idea, quantunque questa possa essere diversa dalla nostra. Siamo in una democrazia (perfetta o imperfetta) e tutte le idee debbono essere accettate purché non in contrasto con le leggi che ci governano e fino a quando le stesse siano in vigore.

Meno comprensibile, benché ineccepibile, l’atteggiamento di coloro che decidono di astenersi non partecipando alla votazione. Molteplici possono essere le motivazioni alla base di tale ipotesi.

Tuttavia, a mio avviso, sarebbe necessaria una riflessione: l’Italia è stata per circa un ventennio “vittima” di una dittatura nel secolo precedente: periodo nel quale ovviamente sono venuti a mancare non solo i diritti elettorali ma anche diversi diritti civili. É stata necessaria una lunga e sanguinaria guerra mondiale perché la nostra Nazione abbia potuto riacquistare il diritto di “scegliere” come essere governata.

Mi pare discutibile (e per me inaccettabile) che un avente diritto ad esprimere la propria volontà si astenga da questa possibilità, a meno che non si trovi in una condizione psico-fisica menomata.

E non vale neppure il sentimento di coloro che sostengono che “intanto il mio voto non vale niente” solo perché manifestazione di volontà per una formazione minoritaria.

Poiché viviamo in una democrazia – per alcuni alquanto imperfetta, ma pur sempre democrazia – è ovvio che chi ottiene più voti, da solo, o con aggregazioni, abbia diritto di guidare il Paese finché mantiene in Parlamento tale maggioranza. Le formazioni che abbiano ottenuto minori consensi, quando presenti in Parlamento, potranno con la loro azione od opposizione manifestare comunque il dissenso dei propri elettori e raccogliere ad una tornata elettorale successiva maggiori consensi giungendo talvolta a divenire forza maggioritaria o di rilevanza nazionale.

Infine dispiace aver dovuto constatare ancora una volta che la funzione fondamentale degli scrutatori e dell’altro personale (presidenti e segretari) di seggio abbia trovato così scarsa considerazione da parte del nostro governo che ha inteso remunerare detta funzione con una indennità davvero inadeguata all’importanza del ruolo che detti soggetti ricoprono nell’ambito di ogni tornata elettorale. E’ di tutta evidenza che qualora mancassero i suddetti soggetti le elezioni non potrebbero essere svolte poiché non potrebbero essere conteggiati i voti. E neppure l’ingente numero di soggetti chiamati a detto incarico (allo scopo di sveltire le operazioni) può giustificare il compenso così striminzito ad essi riconosciuto. Tanto più laddove si considerino le cifre che ciascuna forza politica riceve quale rimborso per aver partecipato alla tornata elettorale.

Una sperequazione alla quale i nuovi governanti dovranno porre rimedio se non vogliamo correre il rischio che le prossime elezioni vedano disertare in blocco (a mo’ di sacrosanta protesta) i chiamati a tale ruolo fondamentale per lo scrutinio post votazione.

Comunque il 24 ed il il 25 febbraio (lunedì fino alle ore 15) si vota per il rinnovo del Parlamento.

Buon voto a tutti gli aventi diritto e buon lavoro a presidenti, segretari e scrutatori di seggio.