di Sergio Bedessi –

Presidente CEDUS – Centro Documentazione Sicurezza Urbana e Polizia Locale

Una recente sentenza della Corte Costituzionale (la n. 113 del 18 giugno 2015) ha messo in forte crisi i controlli dei velocità sulle strade, quelli effettuati con strumenti vari fra i quali il più conosciuto è l’autovelox.

La sentenza ha infatti dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art. 45, comma 6, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature impiegate nell’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura.”; in parole povere gli strumenti con i quali si controlla la velocità dei veicoli e, in caso di eccesso, si sanzionano i conducenti, devono periodicamente essere non solo revisionati, ma anche tarati.

La taratura è una operazione particolare che si può fare solamente presso i centri debitamente autorizzati.

Il paradosso è che ci si accorge di questa necessità, e del fatto che l’articolo del codice della strada sul quale si basano tutti i controlli di velocità che utilizzano strumentazioni è incostituzionale in quanto non prevede, per questi strumenti, verifiche periodiche e di taratura, dopo ben 23 (ventitré!) anni dall’adozione del codice della strada, e dunque dopo che per anni e anni gli organi di polizia stradale hanno fatto attività di prevenzione, controllo e repressione utilizzando questi strumenti che oggi la Corte Costituzionale dice si sarebbero dovuti periodicamente tarare.

In realtà si tratta di una questione abbastanza vacua: prevedere la taratura (per taratura s’ intende la certificazione effettuata da un centro SIT – Servizio Italiano di Taratura – adesso LAT Laboratorio Accreditato di Taratura – a seguito della comparazione dell’accuratezza delle misure effettuate da uno strumento con standard di riferimento riconosciuti) per strumenti che non sono strumenti scientifici che devono avere tolleranze di misura minime, ma che devono misurare la velocità di un veicolo che, nella migliore delle ipotesi, va a 50 Km/h è qualcosa davvero privo di senso.

In relazione alla pericolosità del comportamento due o tre chilometri all’ora di errore non cambierebbero niente, tanto più che il codice prevede già una tolleranza del 5% e, comunque, con un minimo di almeno 5 Km/h.

Inoltre non si comprende perché il principio non si dovrebbe allora applicare per tutte le altre strumentazioni utilizzate nel campo dei controlli stradali, come per esempio gli etilometri (che non sono sottoposti a taratura, ma a revisione annuale).

La sentenza della Corte Costituzionale ha messo in crisi tutti gli organi di polizia stradale (la Polizia Stradale, i Carabinieri, le Polizie Municipali e Provinciali) e, di contro, ha dato fiato al peggior giustizialismo al contrario da parte delle associazioni dei consumatori, prima fra tutte CODACONS (Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori), e poi ADUSBEF (Associazione difesa utenti servizi bancari, finanziari, postali e assicurativi).

Ci si chiede in che modo chi contravviene alle norme del codice della strada, correndo e magari provocando incidenti mortali, possa considerarsi un “consumatore” (forse delle vite e dei diritti altrui?), ma tant’è!

Queste associazioni, lungi dall’aver a cuore la sicurezza della strada e dei suoi utenti, certo rispettando i parametri costituzionali anche nell’uso delle strumentazioni come l’autovelox, usano la recente sentenza per un’azione che definire populistica e di dubbio gusto è dir poco; per esempio il CODACONS, precisando che “i nostri legali, con estremo tempismo, hanno predisposto proprio una diffida …” (diffida da inviarsi da parte dei contravvenzionati all’organo di polizia stradale!) sollecita poi un pagamento di tale servizio giustificato dal fatto che questi soldi andranno a favore dei malati oncologici.

Utilizzare il senso di solidarietà (aiutare i bambini malati di cancro) per un fine diverso è già molto discutibile di per sé; il sollecitare poi tutto questo, sommando il senso di solidarietà al naturale risentimento che chi ha preso un verbale può umanamente sentire, per fare iscritti per l’associazione è ancora più censurabile.

Il presidente di CODACONS, Carlo Rienzi, un avvocato, parla di “continuo salasso nei confronti degli automobilisti, anche a costo di imbrogliare”, andando a solleticare la mente di chi legge, quasi a far apparire l’associazione come un novello Robin Hood, di contro stimolando l’idea che gli appartenenti agli organi di polizia stradale siano i pronipoti dello sceriffo di Nottingham.

Gli organi di polizia stradale (nella maggioranza Polizia Stradale e Polizia Municipale) sono servitori dello Stato, e non imbroglioni, e applicano norme che certo non hanno scritto loro ma il Parlamento.

Chi stimola queste idee malsane dovrebbe provare quello che si prova ad andare a comunicare ai genitori di un ragazzo morto che qualcuno che correva troppo su una strada ha travolto e ucciso loro figlio,  e poi forse la smetterebbe di accusare gli organi di polizia stradale; chi rispetta le regole non ha niente da temere, chi non le rispetta deve essere punito a tutela della sicurezza di tutti.

Di contro, e per fortuna, la sentenza della Corte Costituzionale, al di là della vergognosa coreografia messa in atto da questi soggetti, preoccupa molti, veramente interessati alla sicurezza stradale; fra questi ASAPS (Associazione Sostenitori e Amici della Polizia Stradale) che in un recente articolo parla di “rischio di un verdetto tana, liberi tutti!”, lanciando un grido di allarme: “E come può esplicarsi una attività di prevenzione generale se gli strumenti di controllo vengono messi continuamente in discussione?”.

Dal punto di vista tecnico giuridico la sentenza della Corte Costituzionale è una decisione cosiddetta “additiva”: un tipo di statuizione che anziché annullare una norma scritta, come normalmente agisce la Corte Costituzionale, innova in positivo l’ordinamento giuridico suggerendo al legislatore che vi è una mancanza normativa, indicandone il contenuto.

In questo modo la Corte si appropria di una funzione nomogenica, che sarebbe incompatibile con il classico ruolo di “legislatore negativo” che in realtà dovrebbe avere secondo le varie teorie del diritto costituzionale; in ogni caso, che piaccia o non piaccia, da qualche tempo la Corte ha assunto anche questo ruolo, alla fine mettendo in difficoltà chi le leggi deve comunque continuare applicare in attesa degli interventi del legislatore.

Si aggiunga che il legislatore, quand’anche sollecitato dalla Corte Costituzionale, è notoriamente tardivo a rimediare ai propri errori, anche quando sono ultraventennali come in questo caso.

Dal momento che il comportamento omissivo del legislatore rilevato dalla Corte Costituzionale riguardo l’articolo 45 del codice della strada, non si sostanzia in una mancanza totale di disciplina, si può parlare di una omissione relativa e si può aggiungere che trattandosi di sentenza additiva non si può certo dedurre che la norma dell’articolo 45 non esiste più, ma semplicemente che vada opportunamente integrata secondo i dettami della Corte.

Ne discende che nel frattempo, al di là di tutte le interpretazioni populistiche e di parte che le varie associazioni andranno a dare, molte delle quali con il solo scopo di fare iscritti, rimane che gli organi di polizia stradale potranno (magari meno tranquillamente perché il battage dei mass media procura astio nei loro confronti) continuare il loro lavoro, applicando la norma esistente e quindi continuando a fare controlli di velocità con gli strumenti a loro disposizione, magari ponendo maggiore attenzione al regolare funzionamento degli stessi tramite periodiche revisioni.

La Corte Costituzionale ha indicato una strada, ma non ha il potere legislativo per cui finché il Parlamento non modificherà il codice della strada, prevedendo, chissà con quale modalità, la taratura degli strumenti, la norma rimane quella che è, e dunque i controlli sulla velocità potranno ben essere fatti ed è auspicabile che vengano fatti a tutela di chi vuole la sicurezza stradale.

Incostituzionale è la norma carente, non l’uso dello strumento sulla base della norma esistente.

Non è quindi assolutamente condivisibile la versione, proveniente da autorevoli esponenti degli organi di polizia stradale, di sospendere tutti i controlli sulla velocità in attesa di una nuova norma: equivarrebbe a proclamare l’anarchia sulle strade italiane, con conseguenze imprevedibili dal punto di vista della sicurezza stradale, tanto più in questo periodo estivo quando sulle strade italiane vi sono molti più veicoli.