di Claudio Molinelli –  “Alice nel paese delle domandine” è il titolo del libro che contiene le voci delle detenute di Sollicciano, raccolte da Monica Sarsini (ed. Le Lettere, Firenze).

L’opera, emozionante e coraggiosa, è stata recentemente presentata  nella Sala delle Eroine del palazzo comunale di Pontassieve di fronte a una platea numerosa e partecipe. Proprio il Centro interculturale del Comune di Pontassieve aveva bandito nel maggio 2011 il concorso letterario “Voci silenti” a cui hanno partecipato alcune detenute del carcere di Sollicciano protagoniste del testo. Una di loro, nome d’arte  Alice, ha conseguito il secondo posto.

Il libro è il risultato dell’ impegno e dello sforzo delle detenute coordinate da Monica Sarsini, scrittrice e artista fiorentina, che per conto dell’associazione “Il giardino dei ciliegi” tiene, con frequenza settimanale, un corso facoltativo di scrittura creativa nella sezione femminile del carcere, auspicandone la obbligatorietà.

La Sarsini, valente pittrice, è anche autrice della bella copertina del libro.

Che cosa sono dunque le domandine che compaiono nel curioso titolo? Con questo vezzoso diminutivo vengono chiamate tutte le richieste delle inquiline del penitenziario che di fronte ad ogni esigenza del quotidiano, come acquistare qualunque cosa o incontrare persone, devono tassativamente farne richiesta scritta. Ed è proprio  di questi aspetti di routine all’interno del carcere che si parla: testimonianze di  donne per le quali la scrittura, come  conferma “Alice” nella videointervista, è una potente e salutare valvola di sfogo, ancor più preziosa in un contesto avaro di possibilità di accrescimento culturale. Nonostante i temi trattati, duri e crudi, i racconti delle donne mantengono una loro scorrevole freschezza.

Si può, ad esempio, scoprire come il “panneggio”, l’esposizione dei panni colorati alle inferriate delle celle, sia una vera e propria forma di comunicazione tra i detenuti delle diverse sezioni, maschile e femminile: il colore rosso può significare anche un “fidanzamento”.

Le camminate per i corridoi curvi, le cicatrici, le rughe, le lacrime  e i sorrisi, la tristezza delle mamme con figli che non possono vedere. E ancora … il giardino interno, con le sue erbe e  le sue piante, i gatti che si stirano al sole e le farfalle che volano, all’interno di vecchie e squallide mura entro le quali scorre comunque così la Vita.

Se la scrittura possiede virtù terapeutiche, questa pubblicazione ne è la migliore dimostrazione:   scrivere diventa il modo di esprimere le più riposte emozioni. Così attraverso le parole emergono testimonianze capaci di guardare nel profondo nel cuore, di scandagliare gli stati d’animo, altalenanti tra disperazione e speranza. Ecco i momenti drammatici dei trasferimenti e la resa profonda del senso di un tempo espropriato, ma anche le pagine liberatorie  di Leba quando dice “ scrivere ti libera”, ti libera dentro.

Nel corso della presentazione Monica Sarsini ha puntualizzato il significato sociale più prezioso di questa opera, sottolineando lo stato di smarrimento e difficoltà  con il quale molte detenute si presentano all’inizio del corso di scrittura:  la realizzazione del libro rappresenta un traguardo raggiunto, quasi un sogno… come quello della libertà!