di Nadia Fondelli – C’era una volta, ma non è l’inizio di una bella fiaba. Purtroppo siamo costretti a dire così di Vallombrosa perché la meravigliosa foresta che circonda l’abbazia in cui dall’anno 1000 si esiliò in eremitaggio San Giovanni Gualberto, celebre nel mondo per la sua maestosità, dopo la bufera di vento che ha sconvolto la Toscana il 6 marzo scorso è letteralmente dimezzata.
Uno scempio ben visibile a tutti coloro che amano salire nella stazione climatica che ai tempi della Bella Epoque era frequentata dal bel mondo di mezza Europa.

Il paesaggio è stravolto sia salendo da Saltino, che da Tosi, da Reggello o dalla Consuma per non parlare poi della salita da Vallombrosa alla cima del Monte Secchieta.
Una foresta che all’improvviso si mostra spoglia a macchia di leopardo e lascia vedere addirittura il panorama, là oltre gli abeti che furono.
La visione è desolante specie se a Vallombrosa, già un po’ triste per il sottile senso di abbandono che l’ammanta da qualche anno, si va durante la settimana.
Ma i numeri sono quelli che più di ogni altro testimoniano lo scempio.
Le raffiche di vento ad oltre 100 chilometri l’ora e con punte fino a 160 hanno abbattuto qualcosa come 15-20 mila alberi e il recente volo in elicottero con tecnologia 3D atta a conteggiare dettagliatamente l’entità dei danni ha confermato la peggiore delle ipotesi.
Luca Torrini responsabile dell’ufficio territoriale per le biodiversità del Corpo Forestale conferma che al momento si sta appena uscendo dal periodo post emergenziale. Il lavoro fatto è moltissimo. Le strade sono tutte in sicurezza, i cantieri aperti tanti perché il pericolo adesso è mettere in sicurezza il bosco in un periodo in cui i frequentatori sono maggiori e c’è il pericolo incendi.

Tornando ai numeri: su 1270 ettari di foresta 55 ettari di abetaia sono stati atterrati e 600 danneggiati. Di fatto non esiste più l’equivalente di 100 campi di calcio!
E adesso? Torrini dice che a Vallombrosa, palestra della biodiversità, si è scelto di non ripiantare e lasciare che il bosco faccia il suo corso.
Unica attenzione per i frequentatori è stare molti attenti alla segnaletica in loco delle zone cantiere e tenere in considerazione che i sentieri, come ci ha confermato anche il Cai, sono tutti non praticabili fino al 2016.
Fa pensare però che i versanti maggiormente colpiti, quelli esposti a tramontana, fino all’unità d’Italia, ovvero fino a quando la foresta era nelle mani dei monaci, erano mantenuti a seminativo…