di Claudio Molinelli –  Il 27 gennaio, anniversario dell’apertura dei cancelli del campo di concentramento di Auschwitz, è la giornata della memoria, in cui il mondo ricorda la Shoah, la persecuzione e lo sterminio degli ebrei.

Una data che ormai fa parte del nostro vivere e quanto mai necessaria per ricordare un’immane tragedia, non ancora spiegabile razionalmente a distanza di anni, vista la persistenza del cosiddetto negazionismo, corrente di pensiero che si ostina, contro l’evidenza dei fatti, a negare l’esistenza storica dell’accaduto.  E, peggio ancora, visto il ripetersi di episodi inquietanti che dimostrano come la discriminazione razziale sia dura a morire.

Bisogna continuare a raccontare la storia, perché non venga dimenticata, e questo deve essere un impegno quotidiano che va oltre la singola data, e che duri 365 giorni l’anno perché la memoria non ha scadenza.

 

Un evento tra i tanti ricordati in questi giorni è la strage della famiglia Einstein, nota  anche come strage di Rignano o strage del Focardo, avvenuta il 3 agosto del 1944 nel territorio di Rignano sull’Arno, nel corso della seconda guerra mondiale, ad opera delle milizie naziste.

In essa morirono tre donne: Cesarina (Nina) Mazzetti, Luce e Annamaria Einstein, rispettivamente moglie e figlie di Robert Einstein.

La famiglia Einstein da Firenze si trasferisce nelle vicinanze di Troghi alla  fine degli anni  ’30 quando acquista la Villa del Focardo all’interno dell’omonima fattoria. Robert è cugino di Albert Einstein che aveva lasciato la Germania divenendo un simbolo dell’opposizione antinazista e per questo avversato particolarmente da Hitler che verosimilmente ordinò di colpirlo negli affetti più prossimi rimastigli in Europa.

Durante il conflitto la villa viene requisita da un gruppo di ufficiali della Wehrmacht.  Robert decide per sicurezza di lasciare la villa nascondendosi nei boschi vicini assieme ad alcuni amici partigiani, ma la moglie e le figlie, ritenendosi al sicuro dalla deportazione, rimangono a Focardo con il resto della famiglia. Il 3 agosto de 1944, ultimo giorno di permanenza delle truppe tedesche nel territorio di Rignano un reparto di soldati tedeschi  fa irruzione nella villa e, dopo un sommario interrogatorio, fucila le figlie e la moglie di Robert Einstein, appicca fuoco alla casa, mentre le nipoti Lorenza e Paola Mazzetti e l’altra cugina, Anna Maria Bellavite, vengono rinchiuse in una stanza buia e risparmiate dalla furia omicida perché portano un cognome italiano. Lorenza Mazzetti è l’autrice del romanzo autobiografico “Il cielo cade”, da cui è stato tratto l’omonimo film.

Il 4 agosto viene ritrovato nel giardino della stessa villa un foglio, unico documento ufficiale della vicenda, con scritto “…abbiamo giustiziato i componenti della famiglia Einstein, rei di tradimento e giudei“.

Il dolore per la tragedia sconvolge Robert Einstein al punto che l’anno successivo, il 13 luglio, nel giorno del 32º anniversario di matrimonio con Nina, si toglie la vita. Viene sepolto accanto alla famiglia nel cimitero della Badiuzza, presso la località Le Corti, a poca distanza dalla Villa del Focardo.

I responsabili della strage non sono mai stati ufficialmente identificati e solo di recente si sono riaperte le indagini da parte della Procura Militare di La Spezia.

Secondo lo storico  Carlo Gentile, gli autori del massacro furono i soldati del 104º reggimento Panzergrenadier della Wehrmacht, alcuni tuttora viventi, sui quali la Germania ha avviato le indagini: l’ipotesi di reato è quella di uccisione di civili aggravata dall’odio razziale.

 

Nel Giorno della Memoria il Presidente della Provincia di Firenze, Andrea Barducci, ha partecipato alla cerimonia organizzata dal Comune di Rignano sull’Arno al cimitero della Badiuzza e insieme ad un rappresentante degli studenti delle scuole di Rignano ha deposto una corona di alloro sulla tomba della famiglia Einstein.