di Chiara La Vitola – foto di Edoardo Abruzzese –

Lo scorso 28 settembre, per la prima volta in assoluto nella storia di questo settore, Yiftalem Parigi è il primo rider eletto rappresentante sindacale per la sicurezza.
Yiftalem è giovanissimo, ha 21 anni , studia economia e commercio e lavora come rider di Just Eat da tre anni. Yiftalem è la voce di tutti i suoi colleghi e coetanei che in 64 hanno partecipato alla votazione nel seggio allestito da Nidil Cgil, Filcams Cgil e Filt Cgil in piazza Adua, a Firenze .
“Sono un progressista di sinistra, ma non basta il progresso nel riconoscere la dignità di un lavoro, occorre anche quello dei diritti e degli organi che dovrebbero aiutare i più deboli” ha affermato Yiftalem.
Poche parole, semplici, veritiere. In un mondo che cambia marcia e accelera in continuazione è necessario portare avanguardie anche nella tutela dei diritti e nell’organizzazione delle Istituzioni. Già quattro anni fa si era presentata la necessità di dare una risposta al malcontento generale di questi ragazzi: una precarietà estrema e uno stipendio da fame.
Il 9 ottobre 2016 a Torino, e cinque giorni dopo a Milano, la protesta dei lavoratori di Foodora porta sotto i riflettori le problematiche e i rischi a cui il ciclo-fattorino va incontro quotidianamente. Le voci di questi ragazzi denunciano sui social non solo le decine di chilometri che macinano ogni giorno, ma anche i rischi che corrono in mezzo al traffico, i ritardi, la disorganizzazione, i turni comunicati all’ultimo momento […] “a nostro carico ci sono la bici, lo smartphone e le spese telefoniche, gli strumenti essenziali del nostro lavoro”.
Nel 2018 la vertenza a Foodora intentata da cinque rider arriva in tribunale: è il primo procedimento intentato in Italia contro una società della gig economy.
L’avvocato in aula sottolinea l’accusa di lesione alla dignità dei lavoratori contestando “il mancato rispetto della normativa antinfortunistica, della tutela della privacy, oltre che delle norme sul controllo a distanza del lavoratore. Riteniamo che i licenziamenti siano stati illegittimi e per questo chiediamo il reintegro e la giusta retribuzione dei fattorini come lavoratori subordinati”.
E’ la definizione di lavoratore a rappresentare un ruolo fondamentale contro l’operato di Foodora, come ribadisce l’articolo 2 del decreto legislativo 81/2008 : “lavoratore: persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari. Al ‘lavoratore’ così definito è equiparato il socio lavoratore di cooperativa o di società, anche di fatto, che presta la sua attività per conto delle società e dell’ente stesso.”
Malgrado tutto ciò, in primo grado, il tribunale stabilisce che i ciclo-fattorini devono essere considerati lavoratori autonomi, così tutte le richieste vengono respinte.
Si ribadisce che “La gravidanza, la malattia e l’infortunio dei lavoratori autonomi che prestano la loro attività in via continuativa per il committente non comportano l’estinzione del rapporto di lavoro, la cui esecuzione, su richiesta del lavoratore, rimane sospesa, senza diritto al corrispettivo, per un periodo non superiore a centocinquanta giorni per anno solare, fatto salvo il venir meno dell’interesse del committente ”.
Tuttavia, un anno dopo, la medaglia si ribalta e la fortuna, o meglio la giustizia, guarda dalla parte dei ciclo-fattorini e la vittoria sale in sella all’accusa. Il 10 gennaio del 2019, nel processo in appello, il Tribunale di Torino stabilisce il risarcimento dei pagamenti e dei contribuiti previdenziali non goduti. Ai cinque ex rider Foodora riconosce la parità economica rispetto ai lavoratori subordinati con diritto alla tredicesima, alle ferie e alle assenze retribuite per malattia.
La sentenza del giudice recita “ Chi è diretto e organizzato da un datore di lavoro che trae profitto dalla sua fatica, è un lavoratore a tutti gli effetti, subordinato”.
Gli avvocati: “È una prima risposta a questa giungla di aziende che tentano di eludere le leggi per pagare una miseria i lavoratori, trattandoli come schiavi. Il giudice ha equiparato i rider ai fattorini e quindi anche per loro vale il contratto di lavoro subordinato, con richiamo all’articolo 2 del Jobs Act. Non si può fissare una retribuzione minima non tenendo conto delle tutele per i lavoratori: questa è una sentenza ragionevole, anche se ci sono ancora aspetti da discutere, in primis il licenziamento”.
Tra gli innumerevoli aspetti ancora da definire nella normativa che disciplina il lavoro dei rider la violazione dell’articolo 15 della legge 81 del 2007 che proibisce la presa di potere da parte del committente nel coordinamento tra rider e piattaforme che invece prevedono l’accordo bilaterale delle parti, come tutte da rivedere all’interno della stessa legge sono anche le “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”.
Una protesta iniziata in abiti, tute, uniformi…rosa ai piedi della Mole Antonelliana nel lontano 2016 che ha condotto oggi alla vittoria contro un big della gig economy: 28 settembre 2020, la data che rappresenta sicuramente una prima vittoria!
Nonostante Just Eat abbia già comunicato di non attenersi alle elezioni, la legge 81/2008, riconosce ai rider, come lavoratori subordinati, il diritto di un RLS.
Auguri Yiftalem!
La strada è ancora lunga, ma i rider sono super allenati a pedalare… sulla bici dei diritti .