(ANTONIO POSSENTI, Lucca 1933, SPIAGGIA DELLE VALIGIE, Olio su tavola, cm. 30×40)

– Servizio di Chiara La Vitola –

La storia di Tommaso, 23 anni, è la stessa di migliaia di suoi coetanei che decidono di fare la valigia e di salire sull’aereo delle opportunità all’Estero.

Tommaso nasce ad Albinea, paesino nei dintorni di Reggio Emilia, dopo la maturità, si trasferisce a Milano per studiare psicologia all’Università della Bicocca. Sono gli esami di Psicobiologia e Psicanalisi che stuzzicano la sua curiosità durante il percorso universitario, i disturbi psichiatrici dell’uomo visti dal punto di vista biologico e non solo comportamentale, lo studio del conscio e dell’inconscio. La passione per le neuroscienze e per le nuove frontiere nel campo della psichiatria lo portano ad innamorarsi del sogno di entrare a far parte, un giorno, del team di ricerca dell’Imperial College di Londra. Conseguito il diploma triennale, si iscrive, così, a un Master di ricerca biennale a Maastricht in Neuroscienze cognitive e cliniche. Nonostante la vita nella metropoli italiana offrisse, già di per sé, un ampio spettro di possibilità, l’ateneo olandese propone un approccio dinamico, innovativo e senza dubbio, più stimolante. “Apertura a nuove idee, a nuovi topics, a nuove frontiere”.

L’esperienza personale di Tommaso è una su mille, ma è indicativa di un fenomeno più ampio e generalizzato.

La tendenza dei giovani a cercare fortuna all’Estero, così come la decisione dell’Unione Europea di
promuovere la libertà di movimento degli studenti, sono due costanti a cui assistiamo dagli inizi del nuovo millennio. Ad oggi però, non è solo il desiderio di avere successo in un altro Paese a spingere i gen Z a scegliere di iniziare, o di concludere, il percorso universitario fuori dall’Italia.

Io credo che ciò che accomuna questi ragazzi è il sentimento di appartenenza non più ad una città o ad un Paese unico, ma all’Europa in primis e al mondo intero. “Perché stare in Italia se ho a disposizione l’intero pianeta?”. Milano, Londra, Berlino, Madrid, Parigi, Amsterdam, non sono più mete turistiche, ma quartieri di una unica grande area europea.

Lo spazio Schengen, così come la possibilità di richiedere fin dai 17 anni un visto di studio in tutti i continenti del mondo, hanno permesso a noi studenti duemila di abituarci al nomadismo per scelta e per curiosità, facendoci sentire parte della Terra, non più come italiani in trasferta, ma come individui cosmopoliti alla radice.

Alla base di questa riflessione c’è un presupposto nuovo che ci differenzia dalle generazioni figlie del sogno americano: la spinta di partire e andarsene dall’Italia non è più frutto di un’ambizione di tipo economico, ma della curiosità del conoscere e, credo anche, dell’assenza, o del tepore, di un vincolo sentimentale profondo con la propria terra madre percepita come nido.

Dice Tommaso “ è la voglia di vedere e sperimentare altre culture e l’idea di vivere costantemente in un ambiente multiculturale, ma soprattutto la voglia di conoscere persone nuove che hanno tanto da insegnarmi”.

Noi siamo una generazione di incurabili curiosi e rimanere nella propria comfort zone non è più un privilegio ma un limite. La variabile in gioco qui non è solo l’attitudine innata a ricercare l’indipendenza personale, ma anche la capacità di portarla avanti. È naturale che essere adulti autosufficienti e responsabili sia il risultato di un’esperienza triennale all’Estero non il presupposto. Al netto di tutte le difficoltà quotidiane e personali che questo può comportare, le motivazioni prettamente didattiche hanno la meglio rispetto alla smania di essere liberi dal coprifuoco dei genitori.

Ancora Tommaso “a Milano vivevo da solo e già ero indipendente, andare in Olanda è stato un bel salto, ma quello che offriva l’università nel campo delle neuroscienze è stata l’unica ragione per cui ho effettivamente deciso di trasferirmi”.

Una grande risorsa delle università straniere è quella di offrire opzioni interdisciplinari alla base, senza condannare gli studenti ad uno studio unico, specifico e ancorato alle vecchie tradizioni e ai vecchi pregiudizi. Questa possibilità non solo attrae i giovani, ma permette loro in sostanza di entrare nella macchina dell’innovazione e del progresso fin da subito.

Sull’argomento ho incontrato anche Alice, di Milano, 18 anni, la quale prima ancora di iniziare l’ultimo anno di liceo decide che la sua strada è quella di studiare antropologia, filosofia e scienze cognitive a Utrecht : “non aspiro a un lavoro molto remunerativo, ma credo che avere competenze umanistiche interdisciplinari sia importante per poter lavorare nell’innovazione anche tecnologica”.

E’ il file rouge che collega le scelte!

Se diamo uno sguardo agli atenei italiani io credo che la differenza stia proprio nell’investimento di risorse e fiducia nei giovani: “L’Italia ha ancora oggi un approccio vecchio e stagnante, poco aperto al cambio, alle nuove idee e alle nuove opinioni soprattutto dei giovani. Le idee innovative ma diverse da quelle a cui si era abituati vengono viste con ostilità, paura e chiusura mentale. Lo studio della psicanalisi per esempio, si basa su preconcetti, su strascichi culturali che ci portiamo dietro dal ventesimo secolo” sottolinea ancora Tommaso.

Ciò che sorprende è, infatti, da una parte l’incremento della richiesta di conoscenze umanistiche e multidisciplinari nel mondo della scienza, dell’economia e dell’ingegneria e, dall’altra, il radicale aumento dei programmi di ricerca all’interno delle università stesse.

A questo proposito l’ Imperial College di Londra, ad esempio, è un modello per il futuro. Nel 2019, l’università inglese lancia il primo centro per la ricerca sugli psichedelici e sulle terapie di applicazione e di uso dell’LSD per curare i pazienti affetti da disturbi mentali. Il Dr Robin Carhart-Harris, direttore “dell’ Imperial Centre for Psychedelic Research”, afferma: “This new Centre represents a watershed moment for psychedelic science; symbolic of its now mainstream recognition. Psychedelics are set to have a major impact on neuroscience and psychiatry in the coming years. It’s such a privilege to be at the forefront of one of the most exciting areas in medical science”. I ricercatori del centro sono i primi a studiare gli effetti di questa sostanza stupefacente sul cervello e antesignani nello studio della psilocibina per la cura di stati avanzati di depressione.

Non si tratta di un esempio, questo è il futuro!

E’ il desiderio di vivere nel futuro il sogno di Tommaso, e non solo!

Certamente la certezza di un titolo di studio prestigioso , la padronanza eccellente della lingua inglese e una sviluppata capacità di intraprendenza fanno il resto!

E in Italia, perchè no?

Tommaso risponde “E’ possibile, e magari tornerò un giorno a lavorare in Italia, ma solo quando l’assenza di pregiudizi a qualsiasi alternativa alla tradizione e il superamento della natura conservatrice saranno una realtà”.

Auguri Tommaso! Auguri Alice!