Dossier miele: dove sta andando il miele italiano stretto fra miscelazioni e miele sintetico?

– servizio a cura di Nadia Fondelli – foto di Edoardo Abruzzese –

Anno orribile per il mondo dell’apicoltura quello appena trascorso anche se i dati sono ancora parziali. L’unica certezza è che il 2016, considerata la peggiore stagione degli ultimi 35 anni, ha già trovato nel 2017 un successore ancora più nefasto. 

Dai dati definitivi del 2016 emergeva che il miele di acacia biologico (il più richiesto dal mercato nazionale) era passato dalle 437 tonnellate prodotte nel 2015alle 184 tonnellate, tanto per dare un riferimento, e anche le altre varianti avevano subito cali medi del 30% pur a fronte di un aumento degli alveari messi a produzione.
Il 2017 è riuscito a fare ancora peggio a causa di una stagione maligna fatta di siccità prolungate e gelate in aprile che hanno compromesso la fioritura delle acacie in molte zone e poi il proseguire della siccità, associata al forte caldo ha stremato le famiglie, facendo diminuire la produzione con i conseguenti aumenti di costi al dettaglio.
In tutto questo scenario si sono poi aggiunti gli incendi boschivi che oltre ai danni diretti hanno distrutto le fonti nettarifere delle essenze arboree e arbustive, come l’acacia stessa, ma anche il castagno, l’edera, l’erica e il corbezzolo che impigheranno anni per ricostituirsi.
Quasi azzerate quindi tutte le produzioni primaverili, con l’acacia che ha avuto una riduzione dell’80%; in Sardegna perdite consistenti per l’asfodelo e il cardo che ha avuto produzioni scarse anche in Sicilia; anche la sulla ha subito forti riduzioni al centro sud ed è stata praticamente azzerata in Toscana. Dati negativi anche per il castagno, ad eccezione della Val d’Aosta, e forti cali anche per i millefiori primaverili e soprattutto estivi in alcune zone del tutto azzerati.
Non solo. Anche la produzione di polline è calata del 30-40% e anche l’ultima fioritura della stagione, l’edera, sta già segnalando cali del 50%. Del 30% infine, sono i cali di produzione della pappa reale a causa della scarsa raccolta di polline e di riflesso, nella produzione di api regine.
Un quadro drammatico con ingenti perdite che mai potranno essere compensate (se non con aiuti esterni) e aumento dei costi dato che in moltissimi casi si è stati costretti ad alimentare artificialmente le api per scongiurarne la morte per fame e lo si sta facendo anche in inverno a causa della scarsità di nettare che ha bloccato lo sviluppo delle famiglie e impedito di accumulare scorte di miele sufficienti ad arrivare a primavera, senza dover ricorrere all’alimentazione artificiale.
Una catastrofe reale. Un grido di aiuto lanciato dagli apicoltori a cui stanno tentando di rispondere le istituzioni a livello locale e nazionale.
Le cause? Due su tutte: i cambiamenti climatici e l’abuso di pesticidi in agricoltura.
Se sul primo problema è difficile intervenire senza una volontà politica internazionale unitaria tanto si può fare per risolvere la seconda causa.
Il primo segnale forte, nel tentativo di mettere fine anche all’annoso contrasto fra agricoltori e apicoltori con mediatore il Ministero delle politiche agricole, c’è stato nello scorso ottobre – quando l’opinione pubblica discuteva sul glifosato – con la sottoscrizione da parte delle associazioni degli agricoltori e degli apicoltori di un protocollo per sensibilizzare gli agricoltori a non trattare le colture in fioritura con insetticidi (cosa peraltro vietata) e sostanze tossiche per le api; le organizzazioni apistiche da parte loro assicurano agli agricoltori il massimo impegno per promuovere l’impollinazione nell’agricoltura sostenibile.
E anche l’Europa si sta muovendo con la Commissione Agricoltura che ha recentemente chiesto al Parlamento europeo di mettere in bilancio 47 milioni per i programmi di apicoltura a sostegno della salute delle api e di lotta alla contraffazione.
Salvare le api è salvare il mondo e non solo per la frase che leggenda vuole attribuita ad Albert Einsten “
se muoiono le api abbiamo solo quattro anni di vita”. Il settore garantisce l’esistenza dell’84% delle specie vegetali del mondo e il 76% della produzione alimentare è opera dell’impollinazione del simpatico insetto giallo. Le api sono un autentico “mezzo produttivo” per l’agricoltura. Senza loro, ad esempio, non esisterebbero i broccoli, gli asparagi, le angurie, i meloni, i mirtilli, le mele, le ciliegie solo per fare qualche esempio e almeno il 35% del cibo con cui oggi ci sfamiamo non esisterebbe.
Abbiamo parlato di miele, del suo mondo, delle sue difficoltà e delle eventuali soluzioni al problema con Maurizio Melani, Miel Magister di fama nazionale, come dire un sommelier del settore.
Ė vero, oggi i dati sono drammatici, di miele ce n’è sempre meno e recentemente, anche il Presidente del Consorzio del miele della Lunigiana (uno dei 3 Dop italiani del miele) mi confermava questo drammatico stato dell’arte.
Ė necessario però premettere che il consumatore medio italiano non ha cultura di settore e cerca sempre sullo scaffale solo miele millefiori o di acacia. Il colore chiaro e trasparente, il rimanere per molto tempo allo stato liquido e la difficoltà a cristallizzare lo fanno preferire. Esistono mieli straordinari che pochi conoscono e acquistano: dal tiglio, al castagno, dall’eucalipto, alla melata, … Ė bello assaggiarli, giocare a farci abbinamenti culinari e invece il pubblico è diffidente e cerca l’acacia che non è sufficiente a soddisfare le richieste – anche perché la migliore acacia italiana é un eccellente prodotto da esportazione – e così si arriva al paradosso che esportiamo l’acacia italiana e la importiamo da altri paesi dove le normative non sono così rigide come quelle italiane. Nei nostri barattoli finiscono così le acacie ungheresi e di molti altri paesi dell’est Europa e finché sono paesi della comunità europea ancora può andare bene, ma quando importiamo miele argentino piuttosto che cinese sappiamo dove e come sono state allevate quelle api?
Approfittiamo del fatto che questo è il prodotto che da sempre ha l’obbligatorietà della tracciabilità in etichetta e impariamo a leggere queste benedette etichette e ad ampliare la nostra cultura divertendosi a degustare mieli diversi in mille abbinamenti possibili sfatando così anche alcune leggende metropolitane. Il miele è vero che ha molte qualità anche curative, ma non è che queste qualità cambiano fra una tipologia di miele e l’altro. Cambia solo il sapore.
Il futuro dell’apicoltura? Lo vedo nelle Urbeers ovvero nell’apicoltura di città. Può sembrare un controsenso ma non lo è. Le nostre città oggi sono un habitat ideale per le api, le normative urbane relativamente facili da seguire e basta una terrazza e un tetto per poter ospitare una famiglia e salvare le api. Il miele prodotto? Eccellente, molto meglio di quello di alcune campagne!

Il fenomeno urbeers è già una realtà da anni in città come Parigi, Londra, New York, Tokio e in Italia le arnie già hanno “occupato” le terrazze di Torino e Roma.

Antonio Barletta, già apicoltore, è l’ideatore del progetto torinese.
“Sono apicoltore da circa sette anni, avevo le api in Val Chiusella insieme ad un amico, ma cercavo delle postazioni più vicine a Torino, dove vivo. All’inizio ho concentrato le ricerche in zone periferiche, ma poi mi sono detto: perché invece che mettere le api in periferia non le porto in città? Ho cominciato ad informarmi e in rete ho scoperto la realtà dell’apicoltura urbana, le esperienze nel mondo, ho cercato di capire se ci fossero realtà simili in Italia e ho deciso di provarci io qua a Torino. Ho cercato di capire se ci fosserodivieti contro l’apicoltura urbana, ho visto che il divieto non c’era e così ho cominciato.
Le api peraltro sono delle vere “centraline di monitoraggio” per la qualità dell’ambiente urbano.
Attraverso l’analisi del miele e della cera delle api possiamo controllare anche la presenza dei metalli pesanti, degli inquinanti, e rilevare cosa sta cambiando nell’ecosistema della città.
Il miele urbano peraltro è buono e salutare, come e più di quello prodotto in campagna, anche se si tira dietro un mucchio di scetticismo. Lo analizziamo sempre misurando la presenza di
piombo, nichel, cromo e benzene e altri inquinanti da città, cosa che peraltro non fanno i produttori tradizionali perché nessuno glielo chiede. Ebbene, nel miele urbano questi metalli pesanti sono presenti solo in minime tracce, completamente irrilevanti dal punto di vista della commestibilità e della salute umana. Le api sono delle micro centraline e sentinelle urbane che fanno capire come cambia l’ambiente, garantiscono il mantenimento delle biodiversità e si muovono fra i parchi e i giardini delle città ricchi di varietà botaniche sicure e non irrorate da sostanze nocive come avviene in campagna”.
Le api per sopravvivere devono scappare dai “deserti verdi” delle campagne fatte di monoculture e prodotti chimici. Preferiscono di gran lunga parchi e giardini, balconi e perfino aiuole spartitraffico alla morte quasi certa in campagna. A Copenaghen gli apicultori di città sono 700, a Londra le arnie urbane sono circa 2000 e si trovano anche sui tetti della Royal Festival Hall e del negozio di specialità gastronomiche Fortnum&Mason a Piccadilly Circus, a Parigi le api hanno “occupato” i tetti dell’Opera e della Louis Vuitton, e anche a New York e Berlino è tutta una corsa ad ospitare le famiglie. In Italia, da Milano a Palermo, le arnie sui terrazzi aumentano permettendo ad ognuno di garantirsi un’ auto produzione di circa 60 kg. di miele per anno.

Non del tutto convinti sono gli apicoltori tradizionali gli artigiani del miele che producono solo biologico in campagne scelte e controllate. Lorenzo Lander è uno di loro, ma non uno a caso, che ha le arnie nei dintorni di Firenze fra Fiesole e il Mugello. È un personaggio che sembra uscire quasi da una fiaba, un innamorato delle api che con un sorriso disarmante racconta di quanto la natura sia maestra di equilibrio ed armonia e che, da bambino, osservava timoroso ma affascinato da dietro il cespuglio un apicoltore che a lui pareva uno strano marziano. Da quel momento si è innamorato delle api e “ogni giorno mi sveglio con un obiettivo: lavorare in sinergia con le api e condividere poi con voi le emozioni che la Natura sa darci.”

Alla domanda cosa servirebbe per migliorare il settore risponde simpaticamente:
“Mettiamoci a sedere però per parlarne! È vero che le produzioni sono calate, molto, specie su alcune varietà, ma la società deve sostenere le api. Come? Ho una lista da leggere. Permettendoci di recuperare i terreni incolti e abbandonati, aiutandoci a creare più laboratori di smielatura sui territori, stimolare i Comuni quando vengono fatte le ripiantumazioni in parchi e giardini a pensarle anche per le api utilizzando piante nettarifere, creare “giardini delle api” in ogni città e far capire che le api sono amiche di tutti, senza loro noi non possiamo vivere.
Personalmente nella mia azienda organizzo visite guidate e laboratori didattici anche per far avvicinare i bambini a questo mondo. Le api non pungono, non sono pericolose.
Infine mi preme dire, essendo uno degli apicoltori che si occupa anche di recuperare gli sciami, che quest’azione spesso complessa perché a volte gli sciami si trovano in zone di difficile accesso va fatta solo da chi la sa fare tutelando gli animali. Raccomando a tutti se ne individuate uno anche in zone difficili (cassoni degli avvolgibili, alberi alti, dentro le canne fumarie o anche dentro i muri) di chiamare noi, non buttate prodotti, chiamate, vi diremo per telefono come fare per mettere la zona in sicurezza e poi arriviamo. Non fate male alle api!”

Le api vivranno sempre protette con persone speciali come Lorenzo di cui abbiamo davvero bisogno, ma cerchiamo ora di capire come comportarsi allo scaffale.

Tenendo gli occhi aperti e leggendo bene le etichette per evitare “pacchi” : con il crollo verticale delle produzioni, possono più facilmente trovare spazio i mercati alternativi con aumento inevitabile di contraffazioni, truffe e sequestri di miele spacciato per altro, oppure contaminato con antibiotici vietati, diluito e aromatizzato con elementi non dichiarati…
Negli Stati Uniti il problema già esiste: da test effettuati su larga scala nei supermercati è emerso che circa il 75% del miele non è miele. Stando alle ricerche del Food Safety News oggi il miele prodotto su larga scala è spesso privo di reale polline, artificialmente lavorato e riciclato dalla Cina. Doveroso specificare infatti che secondo produttori esperti e la World Health Organization il vero miele debba contenere reali microscopiche particelle di polline, per essere considerato tale e avere una fonte identificabile. Il miele privo di polline è una truffa artificiale, annacquata, priva di nutrienti.
Molto del miele che raggiunge gli scaffali dei supermercati è derivato da una procedura di filtraggio che porta il prodotto ad alte temperature, forza le sostanze naturali con una elevata pressione attraverso filtri estremamente piccoli e rimuove il polline.
In questo modo i produttori nascondono l’identità della fonte del miele. Una tecnica usata dai cinesi che illegalmente hanno svenduto per anni tonnellate del loro miele sui mercati americani e i cinesi sono i responsabili della svendita di antibiotici pericolosi, dolcificanti artificiali, e per l’immissione di grandi quantità di metalli pesanti nel miele.
Il Dottor Raffaele Dall’Olio di Crea Api ente nazionale del Ministero delle politiche agricole ci invita a fare attenzione in prospettiva.
“Il problema esiste a livello globale. Oggi la domanda di miele supera di gran lunga la disponibilità e questo invoglia sicuramente qualcuno ad inserirsi in un vuoto di mercato. In Italia abbiamo delle leggi, anche per l’etichettatura, addirittura più stringenti delle europee, ma è migliorabile l’aspetto dei controlli. Il perché è presto detto. Il miele non ha un consumo pro capite altissimo e non ha reali rischi sanitari e quindi viene controllato meno rispetto ad altri prodotti.
Non dobbiamo abbassare la guardia, anche perché se un operatore europeo invasetta nel suo paese si applica la normativa europea e poi all’interno della stessa Europa possono esistere paesi che hanno rapporti più libertini con quelli con le produzioni a rischio.
La situazione italiana per fortuna è migliore rispetto a quella di altri paesi, ma il problema esiste specialmente adesso dopo tre anni successivi con carenza di prodotto.
Invito solo i lettori a due riflessioni. La prima è che il miele di acacia, uno dei più richiesti dal mercato, è anche uno dei più semplici da falsificare, e secondo che se si analizzano i grafici mondiali della produzione di miele tutti i paesi del mondo hanno i propri alti e bassi dovuti alle condizioni climatiche; l’unico con un trend costantemente in crescita è la Cina”.

Attenzione quindi. Il crollo della produzione porta ad un inevitabile arrivo sul mercato del prodotto sofisticato e nonostante le regole comunitarie la triangolazione fra Cina e paesi europei dove le maglie delle dogane sono più larghe è ben viva.
Il miele cinese arriva così anche in Europa, spesso miscelato con prodotto buono per conformarsi alle regole europee e il gioco è fatto. Di miele artificiale ne ha parlato ampiamente nel suo libro l’ingegnere agroalimentare
Christopher Brusset recentemente visto anche a Striscia la Notizia, che ha posto l’accento sul fatto che oggi la Cina è il massimo esportatore di questo prodotto anche se non ha nessun allevamento di api. Come viene prodotto allora il miele cinese? Stando a Brusset in laboratori equipaggiati come ospedali dove si producono formule chimiche utilizzando zuccheri, che hanno più o meno il sapore del miele e a cui si aggiungono conservanti e coloranti.

In Italia, nonostante le etichettature rigide i controlli vengono fatti?
Ne abbiamo parlato con il Colonnello Amadeo De Franceschi del Comando Carabinieri per la Tutela Agroalimentare.
“Nel nostro paese oggi c’è da parte del consumatore una crescente richiesta di miele di qualità; quello che manca in produzione. Si ricerca soprattutto qualità e produzione italiana ed è su queste due tipologie di frodi che è concentriamo il lavoro dei criminali e di conseguenza il nostro.
La carenza di un prodotto sul mercato è ciò che più lo predispone al business parallelo della criminalità e oggi, in Europa di miele asiatico importato illegalmente a cifre ridicole, che genera guadagni illegali enormi ce n’ è molto.
Ė questo è peraltro un fenomeno crescente negli ultimi anni che coincide con il crollo della produzione italiana.
Il consumatore deve sapere che noi disponiamo di tutti i mezzi d’indagine, anche scientificamente evoluti, per contrastare il fenomeno. Riusciamo a stare al passo della criminalità sapendo bene che oggi non basta più analizzare solo le miscele del miele e cercare poi se c’è al suo interno il polline.
Sarebbe auspicabile aiutare gli apicoltori a mettere a dimora più alveari – noi bloccando il “falso” cerchiamo di stimolarli in questo senso – e da parte del consumatore una vera cultura alimentare che manca.
Pochissimi oggi sanno quanto realmente costa un prodotto e senza sapere quel costo è difficile capire se ciò che compriamo sullo scaffale ha un prezzo adeguato.
In agroalimentare non esistono i saldi e pagando un vasetto di miele meno del costo di (reale) produzione non si fa un affare, ma si favorisce la criminalità e si porta a casa un prodotto falso che non contiene niente di ciò che dovrebbe.
Da parte nostra garantiamo che siamo vigili e lavoriamo ogni giorno con attenzione sul fenomeno, anche in collaborazione con le associazioni, ma stimoliamo ogni singolo cittadino, davanti a un dubbio o un sospetto, di allertarci. Dobbiamo e possiamo lavorare tutti insieme, solo così possiamo fermare il fenomeno”.

Concludiamo seguendo il consiglio del Comando Carabinieri per la Tutela Agroalimentare e impariamo noi per primi ad essere vigili davanti agli scaffali, a capire cosa compriamo e magari a rendere il nostro balcone accogliente ad un’arnia urbana.
Finiamo con alcuni semplici accorgimenti?
Non comprate mai miele dove sull’etichetta c’è scritto che contiene glucosio commerciale o sciroppo di fruttosio e diffidate delle miscele.
In caso di sospetto provate a versare un cucchiaino di miele in un bicchiere di acqua. Il miele puro non si scioglie quello adulterato o di scarsa qualità lo fa quasi subito.
Infine diffidate da prodotti commerciali (biscotti, frollini, dolci,…) che contengono miele. L’etichettatura in questo caso è vaga e non obbliga a specificare che tipo di miele (se monovarietale o miscelato) e di quale provenienza…

Informazioni
Per recupero sciami a Firenze, Fiesole, Bagno a Ripoli, Pontassieve, Signa, Campi Bisenzio e Sesto Fiorentino tel. +39 3343147049
Per tour fra le arnie e laboratori didattici per bambini tel. +39 3343147049 – lorenzolander@gmail.com
Per segnalazioni sospetti contraffazioni, frodi Comando Carabinieri per la Tutela Agroalimentare tel. +39 06 487781 – ccpacdo@carabinieri.it