di Nadia Fondelli

E’ passato poco più di un anno da quando la foresta di Vallombrosa che circonda l’abbazia dell’anno 1000 dove si esiliò in eremitaggio San Giovanni Gualberto fu sconvolta da una bufera di vento senza precedenti.
Nell’arco di poche ore, con raffiche di vento oltre 100 km. e punte di 160 km. all’ora sono stati abbattuti circa 20 mila alberi.
Il paesaggio nella ex stazione climatica della
bella epoque è stravolto sia risalendo da Saltino che da Tosi, da Reggello o dalla Consuma, per non parlare poi della salita da Vallombrosa al Monte Secchieta dove in alcuni casi lo squarcio fra la foresta e nel cuore è indicibile.
Luca Torrini, responsabile dell’ufficio territoriale per le biodiversità del Corpo Forestale dello Stato, che non dovrebbe più esistere…, ci parlò all’indomani dell’accaduto di 55 ettari di abetaia atterrati e 600 ettari danneggiati. Di fatto sono spariti qualcosa come 100 campi di calcio tutti insieme!
Eravamo in fase post emergenziale dove serviva mettere in sicurezza strade pubbliche e forestali. I sentieri poi, di fatto, furono dichiarati inagibili fino al 2016.

E oggi, che siamo nel 2016 e che dall’evento è passato un anno siamo tornati ad interrogare Torrini sullo stato delle cose.
Il lavoro emergenziale di fatto è terminato. L’impegno principale adesso è lo smaltimento del legname e dopo il primo lotto (zona Saltino) con 3,5 ettari già smaltiti si partirà, ai primi di aprile, con altri due lotti dove in ballo c’è qualcosa come 30.000 metri cubi di legname.
Ma la foresta come se la passa? Come un malato in fase di convalescenza. Torrini ribadisce che il futuro di Vallombrosa, palestra della biodiversità, è al centro di studi sul suolo anche da parte dell’Università.

L’impegno preso è lasciare che la foresta faccia il suo corso e si “autocuri”. Quanto ai tempi, quelli delle foreste sono di almeno cento anni.
Nell’attesa è bene però dire forte e chiaro che niente sarà più come prima!
Non ripiantare l’abetaia – e non è un caso che il versante più danneggiato sia stato proprio quello che i monaci tenevano a seminativo – vuol dire prendere atto che l’uomo con la sua “conoscenza” è capace solo di fare grandi danni.

Danni che non si possono medicare ma non risarcire.
La foresta oggi è fragile” ci tiene a sottolineare Torrini. Il danno è fatto e , anche se i sentieri sono tutti percorribili e in sicurezza , non sono e non saranno mai più quelli di prima.

Basta un po’ di vento e la logica dice di sconsigliare a chiunque di frequentare la foresta, sopratutto fuori dai sentieri dove comunque il rischio di incontrare un albero improvvisamente caduto c’è sempre.
La foresta c’è, ma ferita e indebolita, la speranza è che i nostri nipoti possano nuovamente godere della Vallombrosa di un tempo… ormai troppo lontano.